Ex Ilva, lo Stato avrà il 18%: ecco la bozza di accordo con ArcelorMittal

Azzerare gli esuberi dell'ex-Ilva. Il mantra che si ripete da giorni al Mise dà il senso della determinazione del governo a spingere ArcelorMittal a fare un deciso...

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Azzerare gli esuberi dell'ex-Ilva. Il mantra che si ripete da giorni al Mise dà il senso della determinazione del governo a spingere ArcelorMittal a fare un deciso passo indietro sul piano da 4.700 esuberi. Mille uscite da riassorbire sono il massimo che il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, ritiene accettabile. E non lo fa a caso, visto che nel contro-piano del governo c'è la doppia mossa determinante per convincere ArcelorMittal: il ripristino dello scudo penale per gli amministratori legato al piano ambientale e l'ingresso dello Stato, attraverso società come Invitalia o direttamente Cdp (così è scritto nelle carte nonostante l'ostilità delle fondazioni), con il 18,2% nel capitale di Am InvestCo, a fronte di un investimento da 400 milioni e la sottoscrizione di un aumento di capitale.


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Una cifra alla quale si aggiungerebbe anche metà degli investimenti previsti per l'installazione dei forni elettrici (stimati in tutto tra 200 e 250 milioni). Senza contare la cintura di sicurezza a carico della macchina pubblica, tra cassa integrazioni, incentivi all'uscita e un «piano sociale pubblico» che può prevedere anche il riassorbimento di una parte degli esuberi a carico di altre società controllate dal Mef. Infine i costi delle bonifiche: Invitalia potrebbe scendere in campo con un programma di sviluppo da 70 milioni in cinque anni.

Già, nelle 8 pagine della bozza di accordo da domani sul tavolo della trattativa tra il Mise e i vertici di ArcelorMittal, che Il Messaggero ha potuto visionare, ci sono tutti i dettagli di un accordo che, almeno sulla carta, può garantire un futuro all'Ilva, con una produzione di acciaio di 6 milioni di tonnellate all'anno, e che può ridurre al massimo gli esuberi grazie a un green deal, la spinta verso tecnologie sostenibili, ma anche con un sostanzioso contributo statale.

I PUNTI CRUCIALI
Dunque, una bozza di accordo c'è già. Ne avrebbero discusso qualche giorno fa, in videoconference Francesco Caio, consulente del Mise, gli studi legali BonelliErede Lombardi e Freshfield per i commissari, Cleary Gottlieb per Arcelor. La bozza va limata con le osservazioni di ArcelorMittal, ma a leggere il tono degli impegni l'obiettivo è stringere i tempi in vista della scadenza del 20 dicembre, quando il tribunale di Milano è chiamato a esprimersi sul ricorso cautelare e d'urgenza presentato dai commissari Ilva contro il recesso dalla gestione del siderurgico chiesto dal gruppo ArcelorMittal, ora sospeso in attesa dell'esito della trattativa. Salvo che non si concordi un altro rinvio di cui si discute già.

Dunque, l'accordo prevede oltre all'impegno tra il governo, l'Ilva in amministrazione straordinaria e Am InvestCo, a modificare gli accordi di giugno 2017, anche la chiusura del contenzioso a Milano. Ma è anche subordinato a quattro precisi paletti: la conversione in legge del nuovo dl Salva-Ilva che spetterebbe al governo, la modifica del Dpcm del 2017 in modo da recepire il nuovo piano industriale e ambientale, il ripristino dello scudo penale e la conferma da parte del Tribunale di Taranto, della sospensione dello spegnimento dell'Altoforno 2 fino al 30 giugno 2021. A patto che ci sia il via libera dei sindacati.

Passando alle modalità del piano, la strategia industriale prevede una riduzione della produzione a carbone con la progressiva avanzata delle tecnologie verdi. L'obiettivo è mantenere la produzione di 6 milioni di tonnellate di acciaio all'anno, alla quale contribuirebbe, per 1,2 tonnellate, l'installazione del forno elettrico entro 3 anni. Quest'ultimo è considerato il cuore del green deal e prevede un investimento da dividere tra Am InvestCo e lo Stato, grazie al ricorso a fondi Ue disponibili. Il tutto a condizione che arrivino misure ad hoc che permetterebbero la qualificazione dei rottami come sottoprodotti o l'utilizzo degli stessi anche se qualificati come rifiuti.


Poi c'è il capitolo esuberi. I numeri sono ballerini. Ma sembra assicurato un percorso a tappe di riduzione dei costi a carico di Am InvestCo, con strumenti vari di intervento pubblico. Sarebbe poi escluso che la holding controllata da ArcelorMittal si faccia carico dei dipendenti dell'Ilva in amministrazione straordinaria nel 2023. E si ipotizza anche un «meccanismo da definire» per riparare la multinazionale da iniziative dei sindacati per il mancato rispetto degli accordi. Infine, cambia tutto per il canone di locazione degli stabilimenti. Non è previsto alcun pagamento cash, ma piuttosto l'emissione di nuove azioni riscattabili a favore dell'Ilva in amministrazione straordinaria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero