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«Penso di conoscere bene la famiglia delle Generali, a tutti i livelli. Il primo passo, in caso di vittoria, sarà quello di mobilitare, allineare, coinvolgere le persone sul nostro progetto». Luciano Cirinà ieri ha rilasciato a La Stampa la prima intervista da candidato amministratore delegato del Leone nella “lista” con cui Francesco Gaetano Caltagirone all’assemblea del 29 aprile sfiderà la proposta dal cda uscente che ricandida l’attuale ad Philippe Donnet.
Generali, il cda della Fondazione Crt si esprime a favore del piano Caltagirone
«Rilancerò Generali e Trieste tornerà al centro»
Sul suo licenziamento dice: «Mi sarei dimesso in caso di sconfitta, ma non sto facendo nulla contro le Generali, sono e sarò sempre un uomo delle Generali. Ora dovrò difendermi per le vie legali. I miei avvocati stanno studiando tutti i passi necessari per contestarla. In più ho dato loro mandato di proseguire con un’azione per danno reputazionale di rilievo non indifferente. Sicuramente non è stato elegante usare il mio licenziamento per avvantaggiarsi nella gara».
GLI OBIETTIVI
Cirinà ha deciso di impegnarsi in questa partita «perché - spiega - credo che ci sia un potenziale inespresso nella compagnia. Il nostro è un piano credibile e coerente che punta sulla razionalizzazione dei Paesi in cui Generali è presente, sulla revisione dei costi, sulla spinta all’information technology e alla performance del business.
LE ACQUISIZIONI
Quanto alle possibili acquisizioni, «c’è una predisposizione a crescere ma le acquisizioni importanti capitano quando ci sono le occasioni. La crescita che noi proponiamo è dovuta in parte al recupero di inefficienze, in parte alla riorganizzazione ed all’espansione organica ed in parte all’M&A». E alla domanda sul perché, quando era uno dei tre dirigenti apicali del gruppo, non avesse esternato le sue osservazioni a Donnet, ribatte: «In Generali non c’è una grande cultura della discussione. Anzi: è abbastanza limitata». Comunque, sottolinea, un aumento di capitale «non è sul tavolo». Il manager nato a Trieste risponde anche ad alcune domande sulle indicazioni fornite dai proxy advisor ai fondi in vista dell’assemblea. «Siamo testa a testa, quelle fatte circolare dai proxy sono solo indicazioni, non decisioni. E non saranno solo i fondi a decidere la partita». Per Cirinà, inoltre, «il tema è un altro. Hanno creduto (i proxy, ndr) di avere davanti la lista del consiglio, ma hanno preso una gigantesca cantonata: quella è la lista di Mediobanca. Si sono bevuti l’altra versione».
Quanto al futuro della compagnia, guardando al digitale e all’information technology, secondo Cirinà, il piano Donnet non basta «perché si basa sulla collaborazione esclusiva con un vendor, che crea un collo di bottiglia pazzesco, un vero errore. È da rivedere urgentemente. I sistemi che gestiscono il business sono una parte fondamentale delle professionalità che si devono avere in casa per poi sviluppare prodotti e servizi». Poi aggiunge: «Bisogna guardare ad altro, alla performance: in Italia il risultato operativo non cresce da 4 anni, sulla parte Danni perdiamo quote di mercato e c’è un buco di profittabilità importante rispetto ad Allianz. Io avrei messo a posto la macchina prima di comprare qualcos’altro di importante in Italia». Chiara l’allusione all’acquisto della Cattolica Assicurazioni. C’è però un tema che Cirinà ha sottolineato con passione umana e manageriale: l’appartenenza delle compagnia a Trieste, «che tornerà a essere il centro delle Generali».
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Il Messaggero