Fisco, la riforma adesso rischia di saltare

Fisco, la riforma adesso rischia di saltare
Non c’è che dire. La riforma del Fisco è nata sotto una cattiva stella. A scriverla per primo era stato addirittura il governo Monti, ma poi, a pochi giorni dalla sua...

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Non c’è che dire. La riforma del Fisco è nata sotto una cattiva stella. A scriverla per primo era stato addirittura il governo Monti, ma poi, a pochi giorni dalla sua approvazione definitiva, l’esecutivo guidato dall’ex commissario europeo era caduto.




Il provvedimento ha dovuto attendere altri due governi, quello guidato da Letta e quello guidato da Renzi, prima di vedere la luce. E adesso, di nuovo a un passo dalla sua attuazione, torna in bilico.

Secondo la legge delega varata lo scorso anno, tutti i decreti attuativi dovranno tassativamente essere approvati entro il 26 marzo. Per ora hanno visto la luce solo quello sul 730 precompilato, quello sulla riforma del catasto e la revisione delle accise.



La «certezza del diritto», il decreto attuativo approvato alla vigilia di Natale e ora tornato nel congelatore dopo il giallo sulla norma salva-Berlusconi, era considerata dal mondo delle imprese una delle componenti più rilevanti della riforma. Al suo interno sono contenute norme ritenute fondamentali anche per l’attrazione dei capitali dall’estero, altro mantra del governo Renzi. A cominciare dalla regolamentazione dell’abuso del diritto, la principale forma di elusione fiscale.



Il provvedimento stabilisce, tra le altre cose, che l'abuso del diritto non sarà più considerato un reato penale. Se questa norma fosse già stata in vigore, casi come quello degli stilisti Dolce e Gabbana non sarebbero mai finiti davanti al giudice.



La riforma del governo, in realtà, rende più stringenti le pene per la vera evasione, i casi di frode fiscale, quelli in cui ci sono fatture false o altri artifizi contabili per aggirare il Fisco, mentre limita l'intervento dei magistrati per i fatti considerati meno gravi, come l'elusione o come l'omesso versamento dell'Iva. Di quest'ultimo reato si è molto discusso, perché gli stessi magistrati in diverse occasioni hanno assolto gli imprenditori che pur avendo dichiarato l'imposta poi nei fatti non l'hanno versata. Questo perché, con la crisi e con la stretta creditizia, ma anche per il ritardo nel pagamento delle fatture da parte della pubblica amministrazione, è capitato che le imprese non avessero sufficiente liquidità per saldare il loro debito con l'erario. L'omesso versamento Iva, insomma, è diventato una sorta di «evasione da sopravvivenza», come pure è stato ribattezzato il reato.



COSA CAMBIA

Il provvedimento del governo ha stabilito, in questo caso, che se la somma non versata non supera i 150 mila euro, il mancato pagamento sarà un illecito amministrativo ma non un reato penale. Va anche detto che su diverse norme inserite dal governo nel decreto sulla certezza del diritto c'è stata una forte dialettica con l'Agenzia delle Entrate. A cominciare dalle nuove regole sul raddoppio dei termini di accertamento. Oggi il Fisco ha quattro anni di tempo per scovare l'evasione, ma se presenta una denuncia penale contro l'imprenditore, ottiene un extra-time di altri quattro anni.



La riforma mette un punto anche a questa spada di Damocle infinita, stabilendo che il Fisco può ottenere i tempi supplementari solo se presenta la denuncia comunque entro quattro anni. Una norma che è stata molto avversata dall'Agenzia delle Entrate, che ha paventato il rischio che potessero venir meno controlli su casi assai complessi. Anche su questo Renzi non ha indietreggiato, rendendo più garantista il testo trasmesso dal Tesoro. Cosa succederà ora? Se l'elezione del Capo dello stato avverrà, presumibilmente, all'inizio di febbraio, è possibile che il decreto torni in consiglio dei ministri alla metà del prossimo mese. Una volta approvato dovrà passare trenta giorni in Parlamento per i pareri. Poi dovrà tornare in consiglio per l'approvazione definitiva.



I tempi sono stretti, e il rischio che si arrivi al 26 marzo senza che la riforma veda la luce è alto. Servirebbe una proroga. Ma per ottenerla è necessario una nuova legge. In Parlamento giacciono già un paio di proposte per estendere il tempo di attuazione della riforma fiscale, ma il veicolo più idoneo, a questo punto, potrebbe essere il decreto milleproroghe. Anche perché la riforma del Fisco non si esaurisce nel decreto sulla certezza del diritto. Ci sono altre parti importanti che devono ancora essere attuate, dal nuovo catasto alla revisione delle deduzioni e detrazioni fiscali fino ai giochi e alle green tax. Mettere a rischio il provvedimento sulla certezza del diritto per il semplice rischio che una norma, la franchigia del 3 per cento sui reati di frode fiscale, possa essere applicata anche al caso Mediaset per Silvio Berlusconi, equivarrebbe a gettare il bambino con tutta l'acqua sporca. Una soluzione è a portata di mano. L'ha suggerita il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti.



Non c'è bisogno di rimandare di nuovo alle calende greche il decreto. Basta specificare che l'articolo 19-bis sull'esclusione della punibilità penale, non si applica ai casi di frode fiscale. In questo modo sarebbe fugata definitivamente anche l'ombra del sospetto di una norma ad personam. Questa modifica potrebbe essere facilmente inserita a valle del passaggio parlamentare del provvedimento, senza mettere a rischio la sopravvivenza stessa di una riforma fortemente rivendicata dallo stesso Renzi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero