Fisco, la proposta di riforma: «Le agevolazioni sui redditi trasformate in bonus selettivi»
Il Governo è già al lavoro su un'ipotesi di intervento
di Andrea Bassi
Una riforma degli sconti fiscali: detrazioni, deduzioni e crediti di imposta vari. L’argomento è balzato in cima all’agenda in vista della prossima manovra di...
Una riforma degli sconti fiscali: detrazioni, deduzioni e crediti di imposta vari. L’argomento è balzato in cima all’agenda in vista della prossima manovra di Bilancio. Ne ha parlato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alla presentazione del Def, il documento di economia e finanza, quando ha spiegato che presto potrebbero esserci nuovi interventi sui crediti fiscali, dopo le norme che hanno tagliato le gambe al superbonus, per mantenere i conti su un percorso virtuoso. Nello stesso documento approvato dal governo si fa un primo accenno ad una riforma che faccia in modo che gli sconti fiscali siano meno automatici. E adesso è arrivato anche l’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, di fatto l’authority che certifica le previsioni del governo, a fare una proposta per “razionalizzare” la materia, rendere il sistema più equo e, non da ultimo, tenere sotto controllo il deficit.
Ma facciamo un passo indietro. Le spese fiscali censite nel 2023, le detrazioni, le deduzioni e gli altri sconti che riducono la base imponibile o l’imposta, sono in tutto 625 e valgono 105 miliardi di euro. Un numero in costante crescita. Rispetto al 2018 le agevolazioni sono aumentate del 34 per cento, mentre il loro costo è praticamente raddoppiato da 54 a 105 miliardi. Da tempo i governi provano a intervenire su questa mole di sconti, anche per provare a trovare qualche risorsa per abbassare le aliquote fiscali. Da questo punto di vista l’ultimo intervento c’è stato con la manovra di Bilancio dello scorso anno. La riduzione a tre aliquote dell’Irpef è stata accompagnata dall’introduzione di una franchigia di 260 euro sulle detrazioni ed erogazioni liberali (come le detrazioni sulle spese per i mutui, quelle per i funerali, le spese universitarie) per i redditi superiori a 50 mila euro. Questa misura è stata giustificata dalla volontà di sterilizzare il beneficio di 260 euro dovuto al taglio dell’Irpef attraverso una pari riduzione delle detrazioni. Ha funzionato? Non proprio, secondo l’Upb. Sopra i 50 mila euro di reddito ci sono 2,6 milioni di contribuenti, ma i contribuenti effettivamente colpiti dal taglio delle detrazioni sono stati solo 1,4 milioni. Il taglio medio insomma, è stato di 152 euro, minore della franchigia stabilita dal governo. In realtà c’è anche un altro passaggio da fare. Il taglio delle detrazioni del 2024 va letto insieme a quello del 2020, che aveva invece introdotto una riduzione, fino all’azzeramento, di tutte le detrazioni al 19% per i redditi tra 120 mila e 240 mila euro. Qui il paradosso è che il taglio delle aliquote Irpef, eccede l’azzeramento delle detrazioni, comportando comunque un aumento medio dei redditi di 34 euro. Insomma, secondo l’Upb, alla fine, l’esito complessivo degli interventi è stato marginale: si recuperano in tutto 250 milioni colpendo l’1% dei contribuenti. Si può fare meglio? La risposta è sì. Nelle proposte di riforma, secondo l’Upb, sarebbe necessario tenere dentro anche le spese sanitarie (sempre escluse dai tagli) anche per tenere conto dell’impatto odierno delle assicurazioni e dei sistemi di welfare aziendale. Ma soprattutto bisognerebbe seguire la strada della trasformazione delle agevolazioni fiscali in «bonus ad hoc» di durata definita e rinnovabili mediante successivi interventi legislativi. Si tratterebbe, spiega l’Upb, di una «alternativa auspicabile». Anche il Tesoro sembra essere della stessa idea. Ma fino ad oggi quello dei bonus fiscali è stato sempre un tasto sensibile dal punto di vista politico. Quasi mai nessuno ha voluto toccarlo.