Ad oggi «ci sono circa 21 milioni di contribuenti che risultano avere debiti a vario titolo» con gli «oltre 8mila enti creditori» per cui esercita la...
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Il «74% dei contribuenti ha debiti sotto i 5mila euro», ha quindi sottolineato, osservando che servirebbe una «riflessione in ordine alle ragioni per le quali nel 2017 ancora si discuta della possibilità di riscuotere somme iscritte a ruolo dagli enti impositori oltre 15 anni fa». Ci sono infatti «591 miliardi» su 817 complessivi di 'magazzino', di carichi affidati ad Equitalia «tra il 2000 e il 2013» che a fine 2016 contribuiscono «per oltre 49 miliardi al valore di 84,6 miliardi di effettivo magazzino residuo» su cui tentare azioni di recupero. I debiti tra i 1000 e i 5000 euro rappresentano il 20,4% del totale, il 7,1% si trova tra i 5mila e i 10mila euro, l'11,9% tra 10mila e 50mila mentre appena il 3% ha debiti tra 50 e 100mila euro e un altro 4% deve al fisco oltre 100mila euro.
Nel biennio 2015-16 Equitalia ha riscosso quasi 17 miliardi (16.996,2 milioni), rispetto a un consuntivo del biennio precedente di circa 14,5 miliardi. Si tratta di una differenza positiva di circa 2,5 miliardi, il 16,85% in più.
Il 'magazzino', cioè i carichi residui da riscuotere affidati a Equitalia dal 2000 al 2016 «ammonta a 817 miliardi di euro» ma «la quota su cui azioni di recupero potranno ragionevolmente avere più efficacia» si ferma a «51,9 miliardi», ha detto Ruffini, spiegando che «oltre il 43% è difficilmente recuperabile». Ci sono infatti «147,4 miliardi dovuti da soggetti falliti, 85 da persone decedute e imprese cessate, 95 da nullatenenti».
Per altri «30,4 miliardi la riscossione è sospesa per i provvedimenti di autotutela emessi da enti creditori o sentenze dell'autorità giudiziaria», ha proseguito poi Ruffini. Restano così 459,2 miliardi di cui oltre il 75%, 384,4 miliardi, si riferisce a contribuenti rispetto ai quali Equitalia «ha già tentato invano in questi anni azioni di riscossione». Altri 26,2 miliardi sono pagati a rate e «l'effettivo magazzino residuo» su cui agire «si riduce a 84,6 miliardi di cui circa 32,7 riferiti a posizioni non lavorabili per effetto delle norme a favore dei contribuenti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero