Energia, Alessandro Volta: «La mia pila? Avrei preferito la colonna, ma Napoleone...»

La rappresentazione di Alessandro Volta che mostra la sua pila a Napoleone
«Guardi che non mi sono occupato solo di elettricità. Senza falsa modestia potrei dire che sono stato io a “inventare” il gas metano, o almeno a...

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«Guardi che non mi sono occupato solo di elettricità. Senza falsa modestia potrei dire che sono stato io a “inventare” il gas metano, o almeno a comprenderne le caratteristiche e soprattutto l’utilità».

No, signor conte. Non parliamo di gas. Con le vicende russe, la sola parola ci manda in crisi. D’altronde lei, Alessandro Volta, è famoso in tutto il mondo per la pila, quindi per l’elettricità.

«Certo. Bontà loro, i posteri mi hanno voluto immortalare anche con una unità di misura. Il Volt, appunto. Per chi ancora non lo sappia, è l’unità di misura della tensione elettrica nel Sistema internazionale».

Sì, l’effetto Volta. L’abbiamo studiato…

«L’effetto Volta è il fenomeno per cui tra due conduttori metallici diversi messi a contatto, in equilibrio termico, cioè con uguale temperatura, si stabilisce una piccola differenza di potenziale. L’annoio?».

A essere sincero un po’, non sono argomenti di facile comprensione.

«Ma di facile uso. Lasciate a noi studiosi lo spazio per fare ricerca. Ne beneficeremo tutti. Ne abbiamo beneficiato tutti e ancora, mi pare, si darà sempre più spazio all’energia elettrica». Già, a differenza dei suoi tempi, oggi siamo ossessionati dalla sostenibilità. «Beh io usavo vino e salamoia, più sostenibile di così».

E qualche rana…

«Ma no! Le rane erano l’ossessione di Galvani. Poveretto, aveva buone intuizioni, ma si faceva ingannare dall’apparenza degli esperimenti. Era convinto che ci fosse un fluido elettrico animale. Non aveva capito che il fluido elettrico è ovunque ci sia, o si possa generare, una differenza di potenziale. Lo squilibrio genera energia, sempre e in ogni situazione».

Quindi lei con le rane non c’entra nulla?

«Le sembro un tipo da rane? Dalle mie parti si dice “vai a ranare”, proprio per disprezzare l’interlocutore e quello che sostiene. Gli esperimenti con la rana riuscivano molto meglio, ingannando il povero Galvani, se l’arco conduttore era costituito da due metalli diversi. In una celebre memoria del 1792 ho ripudiato sostanzialmente la teoria di Galvani: gli scatti delle rane non sono dovuti a un supposto condensatore animale, ma alla diversità dei metalli costituenti l’arco; il fluido messo in moto non è costituito da una presunta elettricità animale, ma da elettricità comune. Ogni metallo ha un determinato potere, diverso da metallo a metallo, di mettere in moto il fluido elettrico».

È stato tra i primi scienziati, nel senso moderno della parola. Un illuminista.

«Sì, ma lombardo, se mi consente la precisazione. I francesi hanno sempre avuto quell’eccesso di ideologia che non si confà con il pragmatismo della mia terra: sono nato a Como e ho vissuto e studiato e insegnato tra Pavia e Milano. Il linguaggio dell’esperienza è più autorevole di tutti i ragionamenti: i fatti possono distruggere i nostri raziocini, non viceversa».

Ma la sua notorietà e fama è stata subito internazionale.

«Vero, senza falsa modestia. L’imperatore mi volle a Vienna e mi concesse consistenti finanziamenti per dotare il mio gabinetto di fisica a Pavia di strumenti all’avanguardia. Ma anche Napoleone mi tributò onori, nonostante i miei trascorsi con gli austriaci. La scienza non ha confini né padroni. Napoleone mi fece conte. In verità ero figlio di una contessa, ma il titolo non mi era stato possibile ereditarlo, mentre i miei successori hanno potuto ereditare il mio».

Beh, questi sono dettagli personali che forse non interessano molto i nostri lettori. Ci parli invece della pila.

«Fu proprio Napoleone a decretarne il successo pubblico, diciamo istituzionale. La comunità scientifica era già stata informata e aveva compreso la novità straordinaria. Per la prima volta veniva costruita una “batteria” come direste voi oggi. Un “apparato elettromotore” o “apparato a colonna”, che io chiamai “organo elettrico artificiale” paragonandolo all’organo elettrico del pesce torpedine».

Torpedine? Mai sentito. Rane, pesci torpedine, ma studiava in un acquario?

«Beata ignoranza. In ogni caso si tratta di un apparato che distribuisce energia, proprio perché è costruito sommando tanti piccoli differenziali elettrici. Dischetti di metallo sovrapposti. Impilati, in un leggero bagno di salamoia e vino, come le dicevo. Io avrei preferito il nome “colonna”. La colonna di Volta. Suonava bene. I francesi decisero “pila”. Andò bene lo stesso».

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Il Messaggero