Guerini: l'Italia «non rispetterà l'impegno di investire il 2% del pil in spese militari»

Alessandro Profumo amministratore delegato di Leonardo
L’Italia non rispetterà l’impegno chiesto dalla Nato di investire il 2% del prodotto interno lordo in spese militari entro il 2024. «È un obiettivo...

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L’Italia non rispetterà l’impegno chiesto dalla Nato di investire il 2% del prodotto interno lordo in spese militari entro il 2024. «È un obiettivo non realisticamente realizzabile», ha osservato il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, a margine della Berlin Security Conference, la due giorni che si è aperta ieri nella capitale tedesca, uno dei più importanti appuntamenti europei nel mondo della difesa di cui quest’anno l’Italia è il partner principale. L’edizione 2019 della Bsc è ancora più rilevante: cade in un momento molto delicato per la difesa europea, alle prese con tensioni crescenti tra Francia e Germania e tra Francia e Nato. A poche settimane, inoltre, dal vertice dell’Alleanza Atlantica a Londra, dove tra il 3 e il 4 dicembre l’argomento principale sarà proprio quello dell’aumento dei contributi dei singoli membri.


Guerini ha sottolineato come, più dell’aumento della spesa in sé, «sia importante realizzare un piano graduale d’investimenti nel settore» mirato «all’efficienza del nostro strumento militare». Nel quadro anche di una maggiore cooperazione in ambito Ue. «La difesa europea è un tassello fondamentale e necessario alla costruzione di un’Europa finalmente politica», ha sottolineato il ministro.

È indispensabile però uno sguardo a 360 gradi. «Il fianco sud dell’Unione e della Nato – ha precisato Guerini – è caratterizzato da una situazione molto complessa e interessato da criticità che costituiscono pericolosi vettori d’instabilità». Ricordando, quindi, che«nel Mediterraneo transitano il 20% del traffico marittimo e il 65% dei flussi energetici destinati al nostro continente», ha rilevato come «la sicurezza dell’Europa sia intrinsecamente legata alla sicurezza e alla stabilità del Mediterraneo e nel Mediterraneo». Sfide che per l’Italia è possibile affrontare solo nell’orizzonte europeo evitando però «logiche di direttori che talvolta sembrano riemergere» con un evidente sia pure implicito riferimento all’asse franco-tedesco o addirittura a una predominanza solo transalpina: «le soluzioni non possono che essere comuni», ha ribadito.

Un tema al quale si è agganciato l’amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo.«Avere una industria europea della difesa integrata è molto importante per ottimizzare la spesa nel settore a vantaggio di tutti i cittadini europei», ha esordito Profumo. L’Ad di Leonardo, dopo avere espresso soddisfazione perché a Berlino «l’Italia ha dimostrato di essere capace di fare sistema, passando dalla teoria ai fatti», ha aggiunto che «i fondi per le iniziative di difesa stanno aumentando, sia a livello nazionale, sia a livello europeo, ma per sviluppare al meglio queste opportunità è necessario rafforzare la base industriale della difesa, in alcuni casi indebolita dai tagli di bilancio e dai bassi investimenti precedenti». Una valutazione ottimistica, soprattutto per quanto riguarda l’Italia, che lascia ben sperare. Perlomeno per il futuro.


Entrando poi nel dettaglio delle iniziative europee, Profumo ha spiegato che è «sulla base dei programmi comuni che si costruiscono convergenze» e ha aggiuto, a esempio, come «ci piacerebbe molto che il progetto di carrarmato franco-tedesco fosse aperto anche ad altri Paesi». Rispondendo indirettamente, infine, a quanti hanno espresso dubbi sull’ingresso di Leonardo nel progetto di aereo da combattimento «Tempest», lanciato dal Regno Unito, Profumo ha puntualizzato: nel progetto l’impresa italiana «partecipa a scrivere la ricetta». Insomma, con un ruolo di primo piano, globale, e fin dalle prime battute. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero