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DDN Studio promuove e sviluppa percorsi formativi e progetti per la salute, sicurezza, benessere personale e organizzativo delle persone, aiutando le aziende a creare i migliori percorsi di formazione per i loro dipendenti. Ne parliamo con la fondatrice Debora De Nuzzo
Debora De Nuzzo è una professionista e fondatrice di DDNstudio, realtà specializzata in consulenza e formazione per il benessere personale e organizzativo. Uno “studio” dunque perché, come ha spiegato lei stessa, sono due gli approcci che ne contraddistinguono il purpose: da un lato lo studio quotidiano dei bisogni finalizzato a proporre soluzioni mai preconfezionate ma specialistiche, “non esiste un catalogo ma la presentazione di percorsi pensati per le diverse realtà”; dall’altro lo studio si basa anche sulla necessità di rivolgere tanto ai clienti, quanto ai collaboratori di DDNstudio, una semplice ma efficace domanda: come state? Come stanno i vostri collaboratori?
Lavorare per il lavoro. Come inizia il percorso di consulenza da lei intrapreso e come è cambiato negli anni?
La mia storia dal punto di vista lavorativo, ma anche di vita, inizia da una situazione critica. Sette anni fa abbandonavo il mio posto da dipendente e dopo aver accumulato del malessere, ho deciso che il mio lavoro sarebbe diventato la mia missione: aiutare le persone a stare bene al lavoro, facendo bene sia al personale che alle aziende, per il raggiungimento dei loro obiettivi. Dei corsi prettamente normativi ho approfondito l’aspetto formativo e da formatrice sono poi diventata un punto di riferimento per le aziende e loro consulente. La possibilità di relazionarmi con tutti i componenti delle aziende, dagli HR agli esperti di sicurezza sul lavoro fino a coloro che si occupano di formazione aziendale, ha incrementato la mia esperienza permettendomi di elaborare un concetto ampio di well being che riesca davvero a incidere sul cambiamento delle dinamiche lavorative che si incrociano con le dinamiche personali: per essere propositivi sul lavoro bisogna essere felici e soddisfatti della propria vita personale. Con i miei collaboratori, abbiamo creato quindi dei focus tematici sviluppati attraverso la consulenza e la formazione: salute e sicurezza sul lavoro, smart working e benessere organizzativo, crescita lavorativa, gestione delle problematiche, well living e well being, attenzione mirata alla sfera personale, sana alimentazione, movimento, salute e riposo.
Alla base le persone. Quali sono le vostre azioni welfare messe in campo prima, durante e dopo questa emergenza sanitaria?
La rapida evoluzione avvenuta in questo ultimo anno ha influenzato innanzitutto le modalità di utilizzo degli strumenti: se prima il nostro tempo era passato in aula, durante ci siamo spostati online. In questo passaggio dal pre al durante, molte persone che avevamo formato nelle aziende si sono rivolte a noi con focus di natura più personale, approfondendo quei temi con degli incontri one to one. Lo studio si è dunque aperto, ed ha sviluppato un filone alternativo di modalità di formazione rivolto ai singoli, questo è stato il cambiamento più significativo. Tra le iniziative più innovative abbiamo introdotto ultimamente il Talk walk, una pratica nata come esperimento per privati e poi allargata alle persone. Talk walk si svolge attraverso una piattaforma audio che per 30 minuti, in varie fasce della giornata, permette a tutte/i di avere una sana abitudine alla camminata che possa essere continuativa e creare una sana dipendenza. In queste camminate si parla di benessere, come fosse una chiacchierata tra amici, e si sta all’aria aperta abbandonando il posto di lavoro. Le aziende hanno percepito l’importanza determinante dell’apprendimento di un’abitudine attraverso il gioco, e per questo stiamo creando per loro delle lezioni ad hoc. Oltre a questa attività, ci siamo interrogati sull’ansia sociale che può determinare questa fase di riaperture e per equilibrare la voglia di socialità tenendo però in considerazione la paura di stare vicini, abbiamo pensato alla formazione outdoor in boschi e sentieri, che permette la condivisione di un’esperienza sensoriale nella natura.
Welfare e welfare integrativo: vi è un confine tra i due ambiti, se sì, qual è il futuro, tra differenze e possibilità sinergiche?
Credo che il welfare sia arrivato ad un momento storico in cui debba essere “forzato”: dalla mia esperienza sul campo osservo il permanere ancora di una differenza tra benefit finalizzati al miglioramento della produttività e quelli al miglioramento della vita privata.
In una recente intervista, Paolo Boccardelli, direttore della Luiss Business School e fondatore dell’Osservatorio sul Welfare, ha parlato di “formazione eterna a livello costituzionale”. Cosa ne pensa e in che modo la formazione garantisce un’attenzione al welfare e alla crescita tanto dei vostri professionisti/e che a quella delle imprese clienti?
Sono assolutamente d’accordo con l’affermazione del direttore, e la condivido basandomi su dati pratici osservati in quest’anno. Oltre alla necessità di formazione continua, abbiamo compreso l’importanza di una formazione integrata che unisca quella professionale a quella personale. Dato rilevante è come le persone siano andate alla ricerca di formazione in maniera autonoma, non aspettando le aziende. Si è verificato un aspetto rivoluzionario: le persone hanno capito di essere autonome e se le aziende non sono in grado di fornire dei piani di ascolto e dialogo, le persone vanno via. Se pensiamo allora al sistema attrattivo dei talenti, bisogna attrarli dedicando loro del tempo, formarli e soffermarsi su precisi, e attuali, bisogni formativi. Bisogna lavorare sulla riorganizzazione del lavoro, lasciando tempo a quella fascia del middle management di ascoltare i lavoratori all’insegna della continuità nella relazione. Dalla ricerca autonoma di formazione si evince anche quanto le persone abbiano compreso che per affrontare la crisi servono competenze nuove e più attuali, e non è solo colpa del Covid.
Come cambia il lavoro, e come cambiano le persone attraverso lo smart working?
Innanzitutto sarà stato ribadito da molti ma è opportuno sottolinearlo nuovamente: quello che abbiamo fatto in quest’anno, e che stiamo facendo, non è fare smart working ma portarci il lavoro da casa. Definirei il cambiamento in tre parole autonomia, responsabilità e scelta, quest’ultima è più innovativa e descrittiva di questo periodo. Le persone hanno capito di farcela da sole, di non avere bisogno del leader e quindi i capi non dovrebbero essere più controllori ma guide. Questo richiede una formazione manageriale diversa che comprenda un rinnovamento della leadership, perché la relazione controllato-controllore non è più valida. L’ufficio non sarà più il luogo dell’obbligo ma ruolo di riferimento e di relazione, diventerà “un posto per me”. Il lavoro è diventato fluido perché ha iniziato a scorrere tra vita personale e professionale, il che da una parte è un bene, per l’identificazione, ma un male per l’assenza di gestione, è un dato di fatto che non si sia parlato delle modalità di gestione di questo fenomeno. Un lavoro fluido anche dal punto di vista spaziale perché oggi è la singola persona a scegliere in quale luogo lavorare. Di conseguenza cambierà sia la mobilità che gli spazi urbani. Serve un’educazione alla flessibilità che possa ristabilire e riformulare il dove come e quando lavorare. È passato un anno, prima potevamo essere impreparati ma adesso abbiamo tutti gli ingredienti per impostare una vita sana per tutte e tutti.
Qual è allora Il lavoro possibile in un’Italia della ripresa e delle sfide europee, in riferimento alla sua ultima pubblicazione relativa a un nuovo modo integrativo di “fare progetto”?
Il libro è uscito in tempi non sospetti, nel 2015, e già parlavo dell’importanza di fare impresa a partire dall’ascolto delle persone: se le persone stanno bene lavoreranno anche bene. In un’Italia della ripresa, di nuova normalità, secondo me il lavoro possibile sarà quello pensato a partire dalle persone. “Come stai?” è una domanda attraverso la quale la tua azienda dimostra di aver a cuore quello che stai provando per ripartire. Non significa scaricare sui lavoratori e lavoratrici la responsabilità ma è la richiesta di una condivisione. Quello che stiamo facendo è rendere le aziende più human smart company tramite obiettivi di ripresa e azioni mirate. Se dovessi riscriverlo oggi, sicuramente cambierei molte cose confermandone però tante relative all’aspetto umano.
Lucia Medri
L'articolo DDNstudio: il nuovo welfare integrativo tra benefit e benefici proviene da WeWelfare.
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