Da Amii Stewart alle mascherine ad uso professionale per l’emergenza Covid-19. Il salto può sembrare lungo ma è stato reso possibile dalle macchine da cucire...
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«Tra i nostri clienti più affezionati, divenuta con il tempo anche una nostra amica, c’è appunto Amii, star del pop», spiega Giulia Marani (nella foto con Amii Stewart), laurea in progettazione della moda sotto l’università di architettura di Firenze, che nella Marex si occupa dello stile della produzione, mentre la mamma, presidente della Marex della parte commerciale e amministrativa e la sorella Martina, divenuta mamma venerdì scorso di Adam, della gestione, amministrazione e stile. «Mio padre vestiva anche Marta Marzotto e adesso Amii Stewart viene da noi spesso, specie prima di qualche concerto e serata e acquista pantaloni, jeans, abiti. Non la vediamo e sentiamo da qualche settimana - aggiunge Giulia - più o meno da quando abbiamo volentieri riconvertito una parte della nostra catena di produzione». Da due settimane, Marex si è messa a produrre dispositivi di sicurezza per conto di Nuova Sapi, azienda di Castelgrande (Reggio), attiva nel campo della pulizia industriale e medicale, che ha scelto di dedicare un’intera linea alla produzione alle mascherine chirurgiche, il livello massimo di protezione. «E’ stata Unindustria Reggio a contattarci», continua l’imprenditrice emiliana. Marex è una delle aziende coinvolte per realizzare prototipi idrorepellenti, in tre strati, riutilizzabili fino a dieci volte, con l’obiettivo di produrre 3 mila mascherine al giorno per contribuire al fabbisogno quotidiano dei sanitari dell’Emilia Romagna pari a 150 mila. «Abbiamo 5-6 nostre dipendenti molto brave e veloci che si alternano a turno su quattro macchine da cucire», prosegue Giulia, «sono divenute talmente abili che ne riescono a produrre 15 mila pezzi alla settimana. Venerdì scorso ne sono state consegnate 6 mila a un ospedale di Milano. Lo facciamo perchè è un dovere morale fare del bene, contribuire a fronteggiare questa emergenza che colpisce tutto il mondo in nome della solidarietà, sfruttando la creatività imprenditoriale».
Per Marex è una variante temporanea perchè, come tutti spera di poter tornare al più presto alla vita quotidiana. Il gruppo dal 2000 al 2017 ha partecipato alla settimana della moda a Milano e a Mosca ha sfilato nelle sale del Cremlino: «per noi il mercato russo è importante e uno dei nostri abiti è stato donato al museo del costume della celebre fortezza oggi sede del governo». «Vogliamo tornare alla nostra produzione tradizionale di abiti da donna», conclude Giulia, «continuando sulla scia del pensiero di papà, di sostenere il made in Italy, valorizzarlo, confidando che il consumatore torni ad apprezzarlo. E secondo l’indicazione di papà, per il momento non abbiamo intenzione di aprire il capitale al mercato. Ma mai dire mai, comunque». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero