Coronavirus, il Tesoro vuole più deficit per sostenere il rilancio. Decreto sugli investimenti

Più deficit per affrontare gli effetti del coronavirus, già negativi ma potenzialmente devastanti in prospettiva se la situazione di stallo dovesse prolungarsi (il...

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Più deficit per affrontare gli effetti del coronavirus, già negativi ma potenzialmente devastanti in prospettiva se la situazione di stallo dovesse prolungarsi (il centro studi Ref prevede una contrazione del Pil fino al 3% nel 2020). Il governo rompe gli indugi e fa sapere di voler chiedere al Parlamento una nuova deroga rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, per dare copertura ad un secondo provvedimento di sostegno all'economia dopo quello approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì. Si tratta di una procedura richiesta dalla legge del 2012 che attua il nuovo articolo 81 della Costituzione e il principio del pareggio di bilancio. Più precisamente il governo sarebbe tenuto a perseguire l'obiettivo concordato a livello europeo, ovvero un lieve avanzo in termini strutturali (al netto cioè degli effetti negativi del ciclo economico). Deve essere autorizzato dal Parlamento ogni scostamento da questo percorso, il cui traguardo è in ogni caso previsto dopo il 2022.


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La settimana prossima quindi l'esecutivo si presenterà alle Camere per chiedere una deliberazione a maggioranza assoluta che autorizzi la revisione dei saldi. Subito dopo verrà approvato un nuovo decreto legge contenente maggiori impegni finanziari sia come sostegno immediato alle imprese (cassa integrazione) sia come misure di stimolo e di investimento: non servirà una copertura formale, che sarà appunto assicurata dal maggior deficit. Questo naturalmente è solo il primo passo di una strategia che poi porterà ministero dell'Economia e Palazzo Chigi a confrontarsi con le istituzioni europee per ottenere la stessa deroga anche ai fini delle regole del Patto di Stabilità: va ricordato del resto che anche il percorso già definito con la legge di Bilancio di quest'autunno (con un deficit al 2,2 per cento del Pil) doveva ancora passare il giudizio definitivo di Bruxelles, sostanzialmente rimandato a primavera. È chiaro che con il coronavirus diffuso più o meno in tutto il continente, quelle valutazioni verranno fatte in uno spirito diverso.
 

L'INCREMENTO
Non ci saranno invece sostanzialmente problemi sul fronte interno: lo stesso Matteo Salvini ha dichiarato la disponibilità della Lega a votare l'incremento del disavanzo, che anzi nelle sue intenzioni dovrebbe essere molto ampio. Ma su che ordine di grandezza si sta invece muovendo l'esecutivo? Al momento sul tema c'è molta cautela, anche allo scopo di definire una strategia non improvvisata nei confronti di Bruxelles. Certamente non sarà una cifra piccola (altrimenti non sarebbe stato necessario mettere in moto la procedura costituzionale) ma è estremamente improbabile che si tocchino i 10 miliardi ipotizzati da qualcuno. Più realisticamente potrà trattarsi di uno scostamento dell'ordine dello 0,1-0,2 per cento di Pil. Si potrebbe insomma arrivare a 3 miliardi, al massimo 4. Questo più o meno era anche l'importo della flessibilità aggiuntiva richiesta alla commissione Ue (e accordata per ora in via provvisoria) per le spese conseguenti al crollo del Ponte Morandi ed alle esigenze del dissesto idrogeologico.


Con il successivo provvedimento il governo conta anche di dare una risposta alle perplessità espresse sia dalla Lombardia sia da forze sindacali come la Cisl, relativamente al fatto che le misure di sostegno già approvate riguardano principalmente i Comuni della zona rossa. Da Via Venti Settembre è stato comunque fatto notare che il decreto legge appena esaminato contiene la possibilità di spendere fino a 200 milioni per ammortizzatori sociali su tutto il territorio delle Regioni del Nord. E in realtà almeno una parte delle misure fiscali riguarda tutto il Paese: è il caso oltre che della sospensione di versamenti tributari e contributivi a carico delle aziende turistiche, anche della dichiarazione precompilata: il ministero dell'Economia, su proposta del direttore dell'Agenzia delle Entrate Ruffini, ha anticipato al 2020 il nuovo termine per la presentazione (30 settembre invece del 23 luglio) che sarebbe entrato in vigore solo dal prossimo anno. Slittano anche le altre scadenze connesse.
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Il Messaggero