Dedicare tempo e sacrifici per partecipare a un concorso pubblico. Superare la preselezione, gli scritti e poi gli orali. Leggere il proprio nome tra i vincitori nella graduatoria...
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Ciò potrebbe aprire all’assunzione di nuove leve. Almeno uno statale su dieci potrà lavorare da casa. La riforma infatti rilancerà il telelavoro, che negli anni passati è stato utilizzando da pochissimi dipendenti. Le amministrazioni, entro il 2019, dovranno dare la possibilità ad almeno il 10% del personale di lavorare da casa o comunque fuori dall’ufficio.
DOPPIO CANALE
Per quanto riguarda l’accesso agli uffici pubblici, sul tavolo della Funzione pubblica c’è una prima ipotesi di lavoro che potrebbe essere confermata nei prossimi mesi. Si tratta di un accentramento dei reclutamenti. Un doppio binario: un concorsone unico nazionale e uno locale per regioni o comuni. Entrambi da indire ogni due anni. Il primo sarà aperto dal ministero della Pa per assumere personale amministrativo nelle agenzie governative, gli enti pubblici non economici, gli amministrativi delle università e le scuole, gli enti di ricerca (come Istat e Cnr), le forze armate, di polizia e i vigili di fuoco. A livello locale il compito di indire le selezioni spetterà alle aree vaste o alle città metropolitane. Le procedure potranno durare massimo sei mesi (cinque di norma, più 30 giorni in caso di preselezioni). Dando così tempi certi sui risultati a chi partecipa ai concorsi. Chi viene assunto per la prima volta non potrà cambiare sede per almeno cinque anni.
Le future assunzioni saranno fatte in base ai bisogni dell’ente (che presenterà il piano dei fabbisogni con le relative spese) e non più partendo dai “vuoti” delle piante organiche, ovvero la rigida indicazione di quante persone sono necessarie in ciascun ufficio e che spesso non tiene conto del reale fabbisogno. Il criterio sarà quello del budget: se un ente avrà le risorse necessarie potrà assumere nuovo personale. Le nuove regole verranno scritte successivamente dalla Funzione pubblica con un apposito regolamento. Non solo, potranno essere messi a concorso solo i posti che non possono essere ricoperti dal personale collocato in disponibilità. In altre parole, prima devono trovare un posto i dipendenti già assunti ma senza ufficio. Se poi ci sono ancora posti liberi si apre il concorso. E per mettere un freno alle graduatorie a scorrimento, strapiene di “idonei”, ci sarà una notevole riduzione della durata della loro validità. Nascerà un “cervellone” ministeriale per monitorare le assunzioni e i posti liberi. Cambieranno anche i criteri di scelta: i concorsi saranno suddivisi in sezioni a seconda delle professionalità necessarie, sarà richiesta almeno la conoscenza dell’inglese. Sarà superato il criterio del voto minimo di laurea.
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Il Messaggero