Cassa integrazione, pagamento per molti sarà a maggio. Confindustria stima crisi di liquidità

Sono oltre 4,5 milioni i lavoratori per i quali è già stata richiesta la cassa integrazione o l'assegno ordinario per interruzione o riduzione...

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Sono oltre 4,5 milioni i lavoratori per i quali è già stata richiesta la cassa integrazione o l'assegno ordinario per interruzione o riduzione dell'attività dell'azienda a causa dell'emergenza coronavirus e per la metà di loro esiste il rischio concreto che il pagamento del mese di aprile del sussidio slitti a maggio. L'allarme è stato lanciato dalla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro che ha spiegato come esistano «forti criticità sulle procedure di attuazione» delle misure del governo e sull'erogazione dei sostegni al reddito. Al momento il sussidio per l'emergenza Covid è previsto per un massimo di 9 settimane su tutto il territorio nazionale e per 13 nelle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia, territori più colpiti dal contagio. Ma quella della Cig è solo una delle facce della necessità di risorse del sistema economico.


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L'altra faccia è quella delle imprese. Il centro studi di Confindustria in base ad un ampio campione di società di capitali (1/3 del totale) ha stimato un fabbisogno di liquidità pari a 30 miliardi di euro, in uno scenario di fine epidemia a giugno. «Stime prudenti», aggiunge. Per la Cig, invece, andrà meglio a quella parte di lavoratori per i quali è previsto che l'erogazione venga anticipata dal datore di lavoro, che poi procede ad un conguaglio con l'Inps sui contributi dovuti. Ma anche in questo caso molte aziende - secondo i consulenti del lavoro - nonostante abbiano inviato la richiesta di cassa già da molti giorni, non hanno ricevuto l'autorizzazione dall'Inps e quindi potrebbero non riuscire ad anticipare il pagamento. I Consulenti del lavoro inoltre sostengono che le banche non sono pronte ad anticipare i pagamenti per quei lavoratori per i quali non ci sarà l'anticipo da parte del datore di lavoro e il pagamento dovrebbe arrivare dall'Inps (come ad esempio per coloro per i quali è stata chiesta la cassa integrazione in deroga). Altri ritardi potrebbero arrivare dalla burocrazia regionale che deve autorizzare la cassa in deroga. Nel sondaggio della Fondazione Studi su Emergenza Covid 19 al quale hanno partecipato 4.463 consulenti del lavoro la stragrande maggioranza (il 91%) si è detta convinta del fatto che il termine del 15 aprile annunciato per il pagamento della cassa integrazione non sarà rispettato. I dipendenti costretti a casa dalle chiusure settoriali sono circa 5,6 milioni e per 4,5 milioni di questi le richieste di cassa integrazione e assegno ordinario sono già state presentate all'Inps: per la cassa integrazione sono arrivate 198.000 domande per 2.896.000 beneficiari mentre per l'assegno ordinario sono arrivate 100.800 domande per 1.682.000 beneficiari. «Sarà molto difficile - sottolinea la Fondazione - che i sostegni ai lavoratori arrivino prima della fine del mese. Ben il 91% degli interpellati, infatti, ritiene che gli assegni verranno realisticamente liquidati solo nel mese di maggio. L'83% ha denunciato la mancata operatività degli accordi per dare il via libera alle procedure per l'anticipazione bancaria degli ammortizzatori sociali. Secondo gli intervistati solo il 17% delle banche è ad oggi operativa». «Alcune banche richiedono l'esibizione del modello »SR41« che viene predisposto solo dopo l'autorizzazione Inps.
 


Ma l'accordo ABI-parti sociali - dicono i Consulenti - è nato invece proprio per accorciare i tempi. Al ritardo nell'organizzazione del sistema si sommano poi le criticità implicite nello strumento frutto dell'accordo, a partire dalla scarsa chiarezza delle procedure individuate, segnalata dal 21,3% dei rispondenti. Nel complesso l'impianto di strumenti messo a punto per fronteggiare l'emergenza da Coronavirus - concludono - »si dimostra largamente inefficace per offrire quella rapidità di risposta, elemento essenziale a garantire un'effettiva tutela dei lavoratori. Molti sono i fattori che la stanno ostacolando, ma più di tutti pesa la pluralità ed estrema eterogeneità degli strumenti a disposizione per l'emergenza (secondo l'84% degli intervistati), mentre sarebbe stato più utile e semplice un ammortizzatore sociale unico. Altra criticità (84,1% degli intervistati) viene segnalata dall'errore di aver concentrato la gestione di tutto il sistema di interventi in un unico soggetto, l'Inps. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero