Capitale relazionale, vero valore aggiunto se supportato dalla tecnologia

Capitale relazionale, vero valore aggiunto se supportato dalla tecnologia
Cos’è il capitale relazionale e qual è la sua importanza? 5 consigli utili per svilupparlo e consolidarlo all’interno delle aziende da Benedetto Buono, founding...

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Cos’è il capitale relazionale e qual è la sua importanza? 5 consigli utili per svilupparlo e consolidarlo all’interno delle aziende da Benedetto Buono, founding partner della boutique di consulenza strategico-relazionale Buono & Partners e direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management

Il capitale relazionale, che è costituito dai legami sociali che interconnettono persone e organizzazioni e che producono vantaggi individuali e collettivi e che è a tutti gli effetti una forma di capitale (alla stessa stregua del capitale finanziario e di quello tecnologico), è il vero valore aggiunto per innovare e competere nell’odierno scenario, caratterizzato da cambiamenti velocissimi e incertezza.

I cinque consigli per sostenere il capitale relazionale nell’ambiente lavorativo

  1. ripensare il capitale relazionale alla stregua delle altre tipologie di capitale disponibile (tecnologico e finanziario) agendo di conseguenza e non lasciando al caso e all’improvvisazione dei singoli tale, importantissima, attività
  2. definire gli obiettivi che si vogliono raggiungere mediante il suo utilizzo nel breve, medio e lungo periodo
  3. analizzarlo e pianificarlo in maniera ricorrente, facendo ricorso a strumenti e professionalità specifici
  4. allocarvi risorse dedicate per il relativo sviluppo e gestione nel continuo
  5. monitorarlo e valutarlo costantemente, al fine di individuare costi e benefici, ottimizzandone l’allocazione in maniera iterativa

In ambito aziendale il capitale sociale è ascrivibile tra gli asset intangibili e può essere identificato, nel suo valore, mediante l’applicazione di svariate metodologie quali-quantitative, che analizzino, di volta in volta, aspetti diversi, quali:

  • la quantità delle relazioni e la tipologia delle stesse (stakeholders mapping e Organizational Network Analysis)
  • la forza dei legami sociali (deboli e forti)
  • la tipologia dei soggetti e delle organizzazioni con cui si è in relazione (capitale bonding, bridging e linking)

Dalle piattaforme di network analysis a quelle per l’ingegneria relazionale, queste possono essere strumenti indispensabili per tutti coloro che lavorano con il capitale relazionale o che intendono cominciare e farlo al meglio. La tecnologia, infatti, consente di essere più veloci ed efficaci nel retrieve informativo, a vantaggio dell’operatività e del raggiungimento del risultato finale, che dovrebbe sempre essere associato a specifici obiettivi misurabili. Grazie alla mappatura degli stakeholder chiave, delle community e dei social network, è possibile avere un accesso agile e preciso a informazioni di dettaglio, consentendo, ad esempio, di leggere prima dei competitors determinati fenomeni, agendo di conseguenza. Altre piattaforme digitali, invece, mettono in relazione e analizzano i dati provenienti – tra gli altri – tanto da fonti pubbliche quanto proprietarie, fornendo potenzialmente all’organizzazione che le adotti un importante vantaggio strategico. Ancora, il ricorso a piattaforme di ingegneria relazionale può velocizzare il processo di targeting e reaching di determinati soggetti target, a tutto vantaggio dell’operatività aziendale, così come, dal punto di vista interno all’organizzazione, esistono dei tool in grado di analizzare l’attitudine delle proprie persone ad utilizzare le relazioni, supportandone inoltre lo sviluppo mediante programmi dedicati, anche AI powered.

“Oggi, la gestione del capitale relazionale non può essere più una tantum e demandata all’improvvisazione e all’iniziativa dei singoli, ma è necessario avvalersi del supporto della tecnologia, in quanto consente di strutturarne la gestione, organizzando e analizzando in profondità informazioni, dati e potenziali opportunità derivanti dagli stessi, non altrimenti individuabili” spiega Benedetto Buono, founding partner della boutique di consulenza strategico-relazionale Buono & Partners e direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management.

Lucia Medri

 

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Il Messaggero