Patto anti-burocrazia, dal primo luglio stop alla babele di documenti per una pratica

Patto anti-burocrazia, dal primo luglio stop alla babele di documenti per una pratica
Per i cittadini dovrebbe essere tutto più semplice e facile: un modulo unico, standardizzato, uguale per tutti gli enti locali dal Nord al Sud del Paese; e il diritto...

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Per i cittadini dovrebbe essere tutto più semplice e facile: un modulo unico, standardizzato, uguale per tutti gli enti locali dal Nord al Sud del Paese; e il diritto  di dire no ai funzionari troppi solerti che - facendo perdere un sacco di tempo e denaro, dato che spesso per districarsi si è costretti a chiedere l’aiuto di un consulente - richiedono montagne e montagne di documenti già in possesso della pubblica amministrazione.


Ma il patto anti-burocrazia, siglato giovedì scorso tra governo ed enti locali, porterà indubbi vantaggi anche agli stessi impiegati pubblici che non dovranno più visionare e controllare documenti inutili. Risparmio di tempo, di lavoro e di soldi per tutti, quindi. Basti pensare che, secondo elaborazioni del dipartimento della Funzione Pubblica effettuate sulla base di un’indagine Istat per il Ministero P.a., il modulo unico coinvolgerà circa due milioni e settecentomila pratiche solo nel campo dell’edilizia tra Scia, Cila, agibilità e comunicazione di fine lavori. Oltre ai privati cittadini, sono poi quasi un milione e quattrocentomila le imprese interessate alle novità. 

Il modulo unico scatterà dal primo luglio prossimo. Dal giorno prima  ogni Comune dovrà adeguarsi pubblicando sul sito istituzionale i moduli semplificati e standardizzati. Chi non lo farà rischia sanzioni che possono arrivare fino alla sospensione dal servizio, con privazione della retribuzione, da un minimo di tre giorni a un massimo di sei mesi.

Non si tratta solo di un’omologazione delle pratiche, di una semplificazione del linguaggio e di un alleggerimento e sveltimento dell’iter burocratico. In ballo ci sono anche risparmi. Il certificato di agibilità (ora inglobato nella Scia), tanto per fare qualche esempio, al gestore di un bar poteva costare fino a 500 euro, la relazione asseverata per la notifica sanitaria almeno 350 euro.
 
In base all’accordo, non potranno più essere richiesti certificati, atti e documenti che la pubblica amministrazione già possiede (tipo le certificazioni relative ai titoli di studio o professionali, richiesti per avviare alcune attività, la certificazione antimafia, etc.), ma solo gli elementi che consentano all’amministrazione di acquisirli o di effettuare i relativi controlli, anche a campione (articolo 18, legge n. 241 del 1990). E non potranno più essere richiesti dati e adempimenti che derivano da «prassi amministrative», ma non sono espressamente previsti dalla legge, come appunto il certificato di agibilità dei locali per l’avvio di un’attività commerciale o produttiva.

Sarà sufficiente, ricordano le Regioni, una semplice dichiarazione di conformità ai regolamenti urbanistici, igienico sanitari, etc. 
Inoltre non sarà più richiesta la presentazione di autorizzazioni, segnalazioni e comunicazioni preliminari all’avvio dell’attività. Ci penserà ad acquisirle lo sportello unico per le attività produttive (Suap). In questo modo l’Italia si adegua al principio europeo secondo cui «l’amministrazione chiede una volta sola» («Once only»). 


«Con l’arrivo dei moduli unici nazionali i cittadini e le imprese che vogliono aprire un negozio, un bar, o un esercizio commerciale (comprese le attività di e-commerce e di vendita a domicilio) o avviare interventi edilizi, come i lavori di ristrutturazione della propria casa, non dovranno più orientarsi in una babele di adempimenti complicati» ha spiegato l’altro giorno il ministro Marianna Madia.
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Il Messaggero