(Teleborsa) - A regnare in Gran Bretagna è ancora il caos. L'accordo con Bruxelles ancora in alto mare e dall'Ocse arriva l'allarme "no deal". Ieri la Commissione Ue ha...
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Mentre si fa sempre più concreta la prospettiva di un "no deal" che, secondo l'Interim Economic Outlook dell'Ocse, minaccerebbe di far pagare costi pesanti anche ad altre "economie europee", Theresa May sembra rimanere ferma sulle sue posizioni. "Abbiamo affidato al popolo del Regno Unito la decisione se lasciare l'Ue o restarvi: la scelta (nel referendum del 2016) è stata quella di uscire e io credo sia importante che il governo attui il mandato esattamente in questi termini per non tradire la fiducia nella politica" ha affermato la premier britannica durante il Question Time settimanale alla Camera dei Comuni, rispondendo seccamente alla domanda della deputata laburista Anna McMorrin che le chiedeva un impegno a rinviare la Brexit rispetto alla data del 29 marzo. Da May nessuna apertura neanche verso gli indipendentisti scozzesi dell'Snp a proposito del voto coordinato (e non vincolante) con cui i Parlamenti locali di Scozia e Galles hanno invocato a loro volta almeno uno slittamento della Brexit e garanzie contro qualunque ipotesi di divorzio 'no deal'.
Un clima di incertezza in cui, secondo i dati diffusi dall'Eurostat, è più che raddoppiato il numero di britannici che ha presentato domanda di cittadinanza presso un altro Paese Ue, con un aumento del 127% rispetto al 2016. Tra le 14.900 naturalizzazioni effettuate da parte di cittadini britannici nel 2017, la maggioranza (il 45,9%) è avvenuta in Germania.
E in vista dell'uscita dall'Unione europea la Gran Bretagna deve fronteggiare anche la questione esportazioni. in cambio di un accordo di libero commercio "privilegiato" promesso come futura sponda post Brexit, gli Usa hanno annunciato di avere tutta l'intenzione di far sdoganare nelle esportazioni verso l'isola prodotti attualmente vietati dagli standard europei come pollo lavato al cloro, carni rosse gonfiate con gli ormoni. L'uso di mangimi chimicamente potenziati e di pesticidi e coloranti nell'agroalimentare degli Stati Uniti è stato denunciato dalla Soil Association, organizzazione di certificazione delle produzioni biologiche british e minaccia di rappresentare un ulteriore grattacapo per Downing Street sulla strada della Brexit e del dopo Brexit.
In vista della Brexit timori sono stati presentati dalle aziende elvetiche per le quali la Gran Bretagna rappresenta il sesto mercato d'esportazione. Sin dal voto sulla Brexit, avvenuto nel giugno 2016, le merci destinate al Regno Unito sono, infatti, diminuite, registrando dal 2015 un valore in calo del 24,8%. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero