Avio, in arrivo quasi un miliardo di euro con i razzi Vega made in Italy

«Avio, in arrivo quasi un miliardo di euro con i razzi Vega made in Italy»
Tra fondi dell'Unione Europea, Esa e nuovi contratti arriveranno oltre 900 milioni all'Avio di Colleferro, l'azienda che garantisce all'Italia l'accesso...

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Tra fondi dell'Unione Europea, Esa e nuovi contratti arriveranno oltre 900 milioni all'Avio di Colleferro, l'azienda che garantisce all'Italia l'accesso autonomo allo spazio ed è leader del settore. A raccontarlo è Giulio Ranzo, 51enne, romano, amministratore delegato di Avio che nel 2017 ha guidato la quotazione in Borsa della società partecipata da Leonardo.


Ranzo, sui vostri razzi Vega non c'è uno strapuntino libero: potete portare in orbita anche più di 60 satelliti con un singolo lancio, ma siete pieni di commesse. Riuscite a farvi fronte?
«Sì, per noi è un periodo di attività molto intensa ma in un mercato mondiale così competitivo come quello dei lanciatori di satelliti non si può mai levare il piede dal gas. Per questo va valutato molto positivamente l'esito della Ministeriale a Parigi che ci ha destinato nuove risorse. I ministri dei 22 paesi che fanno parte dell'Esa-Agenzia spaziale europea hanno deciso di affidare ad Avio 700 milioni di euro (nel 2019 furono 500 milioni, ndr)».


A 10 anni dal primo lancio del rivoluzionario Vega, quattro mesi fa il debutto del fratello maggiore Vega C che il 20 dicembre effettuerà la prima missione commerciale. E voleranno con Vega C, è notizia dell'altro ieri, anche 5 satelliti Sentinel della costellazione europea Copernicus per l'osservazione della Terra. Quanti ordini avete già incamerato?
«Di fatto Vega C, prima ancora della fase operativa, ha già clienti per 13 lanci che si aggiungono a quelli di Vega. Poi per i razzi Ariane 5 e, dal 2023, Ariane 6, continueremo a produrre i booster (razzi ausiliari). Sono i motori P120 (monoblocco da 150 tonnellate, i più grandi del mondo, ndr) che sono anche il primo stadio di Vega C: una modularità che ci rende assai competitivi».


Ai 700 milioni stanziati per Avio dalla Ministeriale, su un budget italiano record di 3,1 miliardi, vanno aggiunti i 250 di Copernicus, oltre ai 400 già previsti dal Pnrr. È così?
«Sì e sono ottimista su ulteriori risorse per il futuro perché a Parigi il ministro Adolfo Urso ha ottenuto che d'ora in poi sia il merito il criterio dell'impiego delle risorse dell'Esa: un principio che risulterà determinante per noi».


Ovvero?
«Già nel primo colloquio con Francia e Germania, i principali contribuenti di Esa (l'Italia è terza, ndr), il ministro è andato oltre al tradizionale criterio di redistribuzione geografica: d'ora in poi saranno valutate qualità e competitività dei prodotti».


Una strategia italiana per fronteggiare le fughe nazionalistiche di Francia, che annuncia il lanciatore leggero Maia, e Germania di fronte al boom della New Space Economy che per il 70% è relativo ai satelliti?
«Restiamo con i piedi per terra: se gli altri fanno annunci, noi abbiamo già acceso, insomma già testato con successo in Sardegna, ecomotori innovativi a metano e ossigeno liquidi come l'M10 che equipaggerà Vega E. Poi stiamo realizzando i moduli di propulsione e di alimentazione di Space Rider, il piccolo space shuttle europeo, e infine stiamo progettando un secondo stadio riutilizzabile».


Secondo stadio? Ma ora Musk e Bezos riutilizzano solo il primo stadio.
«Appunto. Bisogna essere sempre più avanti: Avio punta a riutilizzare nei suoi prossimi lanciatori il primo e il secondo stadio».


Dallo stabilimento di Valle Secola garantite all'Italia un posto nel miniclub delle nazioni con accesso autonomo allo spazio. Una responsabilità non da poco.
«Una grande responsabilità. E in questi mesi abbiamo sempre tenuto i contatti con l'Ucraina dove, fra enormi sacrifici e rischi, continuano a produrre motori per noi».


A Parigi si è discusso dell'imponente crescita della Cina.
«Fanno almeno 50 anni lanci l'anno quando l'Europa può ora arrivare a una ventina. Come europei dobbiamo fare fronte comune e puntare su qualità e affidabilità».

Sarete costretti ad assumere ancora?


«Sì, con i 150 ingaggiati negli ultimi mesi siamo oltre quota 1.100 fra Italia, Francia e Guyana e abbiamo ottimi rapporti con le università italiane, ma siamo sempre in cerca di giovani talenti: con noi lavorano già americani, francesi, indiani e ucraini. Ingegneri, fatevi avanti».
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Il Messaggero