Autostrade, piano da 1 miliardo e ipotesi maxi-multa per evitare revoca

Autostrade, piano da 1 miliardo e ipotesi maxi-multa per evitare revoca
Sarà il presidente del consiglio Giuseppe Conte a decidere. Spetterà a lui fare la sintesi sul dossier Autostrade, mediare tra le varie anime del governo per poi...

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Sarà il presidente del consiglio Giuseppe Conte a decidere. Spetterà a lui fare la sintesi sul dossier Autostrade, mediare tra le varie anime del governo per poi proporre una soluzione. Sarà lui ad indicare la rotta, facendo lo slalom tra le spinte dei 5Stelle, che vogliono, come noto, stracciare la convenzione, e il no secco di Italia Viva alla cosiddetta “caducazione”. Nel mezzo il Pd, strattonato dai grillini, ma poco convinto della scelta massimalista. Il premier non ha fretta.


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Aspetterà il rapporto che il Mit sta mettendo a punto in queste ore e, per avere un quadro ancora più completo, il nuovo piano operativo di Autostrade per l’Italia su cui sta lavorando l’ad Roberto Tomasi. Ieri, tra l’altro, è anche spuntata l’idea, peraltro non nuova, di una possibile maxi multa per evitare la cessazione della concessione. Una alternativa che circola da mesi e che riappare a cadenze regolari.




IL TESTO
Di certo il corposo documento tecnico della ministra Paola De Micheli non verrà esaminato oggi, come inizialmente previsto, ma nel prossimo consiglio dei ministri, mentre Aspi illustrerà al mercato le linee guida industriali il 16 gennaio o subito dopo. Un piano, secondo i rumors, che si annuncia molto vigoroso e che prevede l’accelerazione degli investimenti, un nuovo sistema di controlli e compensazioni. Tutto finalizzato a imprimere un cambiamento netto, in parte già iniziato con l’affidamento all’esterno dei controlli sui ponti e al confronto costante con il Mit, e, ovviamente a non perdere la convenzione. Complessivamente solo la parte impegnata per le principali spese di manutenzione sulla rete dovrebbe superare i 500 milioni, ma non è escluso che la cifra fissata per le manutenzioni su oltre 350 viadotti possa lievitare ancora. Si tratta ovviamente di stime perché il documento non è stato ancora vistato dagli azionisti. Alcune direttrici di marcia sono però chiare. Da un lato ci sono i 500 milioni per ricostruire il Ponte Morandi, per gli indennizzi ai genovesi e gli espropri, a cui potrebbero aggiungersi altri milioni da impiegare per digitalizzazione dei controlli (insieme a Ibm) e sostenibilità ambientale. Nel “piano operativo d’investimenti e manutenzione”, così viene definito, non ci sono riferimenti a un calo delle tariffe Aspi. Il tema, se mai verrà affrontato, richiederà un tavolo apposito. Anche perché dal Mit continuano a ripetere che proprio sul fronte dei pedaggi che bisogna fare uno sforzo importante. Del resto il dossier del ministero delle Infrastrutture non fa che aumentare il pressing, visto che dalle analisi tecniche emergerebbero le inadempienze sulle manutenzioni dopo il tragico crollo del Ponte Morandi. Nel dossier nessun rilievo di carattere legale, per non anticipare le decisioni dei giudici di Genova. Di certo la De Micheli si aspetta investimenti rilevanti e pedaggi calmierati per un periodo di tempo congruo e chiede che vengano messi in campo altri 700 milioni. Finora Aspi ha respinto questa impostazione, tracciando due linee Maginot: è scettica sull’offrire riduzioni in maniera strutturale e non vuole ridiscutere i termini della convenzione che prevedono, come noto, indennizzi colossali (23,5 miliardi) a proprio favore in caso di revoca per cattiva gestione. Di fatto ha però già congelato gli aumenti delle tariffe su tutta le rete, dando un segnale di disponibilità. 
LA SCADENZA DI GENNAIO
Insomma, il governo chiede più fondi, circa un miliardo, per avviare una trattativa, ma nello stesso tempo non abbandona l’idea della revoca. Sul tavolo anche la maxi multa che, secondo stime, potrebbe toccare i 2 miliardi. In questo quadro molto fluido Conte proverà a prendere altro tempo, giocando fino in fondo tutte le carte. Ben sapendo che Aspi il 30 gennaio potrebbe chiudere definitivamente le porte, riconsegnando la concessione allo Stato proprio in virtù della norma del Milleproroghe che ha cambiato il quadro normativo. Norme che prevedono l’indennizzo totale dei ricavi previsti dall’azienda fino alla fine della concessione nel 2038.

Possibile, al di là dei tatticismi, che anche questa dead line possa essere superata, ma solo se il negoziato decollerà realmente e se la norma del Milleproroghe verrà modificata. Altrimenti lo scontro sarà davvero totale. Senza esclusione di colpi.
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Il Messaggero