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No, non è come reinventare la ruota, ovvero un modo per menare il can per l’aia.
Per un oggetto importante come l’auto, e per l’enorme industria che le sta dietro, questa volta siamo a una svolta epocale: del simbolo che ci ha fatto compagnia nell’ultimo secolo resterà solo l’involucro esterno, le ruote e la carrozzeria, ma tutto il resto sta entrando ancora di più nel frullatore delle nuove tecnologie e di uno smart-business, un modo per fare soldi, del tutto innovativo. Nel giro di qualche anno, infatti, lasceremo la nostra vecchia utilitaria e quando apriremo lo sportello dell’auto nuova sarà come entrare in un computer su quattro ruote. Perché i veicoli dei prossimi anni non saranno solo elettrici o ibridi (cioè con il motore a scoppio affiancato da batterie) ma saranno soprattutto connessi H24 con l’ambiente esterno e la rete Internet. Leggeranno i cartelli stradali, identificheranno i pericoli, daranno e riceveranno dati d’ogni tipo. E qui si apre il business perché una parte dei servizi saranno a pagamento. Non si tratta di fantascienza e questa realtà sta già cambiando a fondo il business dell’auto. La ragione è semplice: l’auto elettrica e a guida quasi autonoma costerà di più, forse il 50% in più, di quella con motore endotermico. Dunque l’uso delle autovetture cambierà. Esploderà il numero dei consumatori che prenderanno l’auto in affitto solo quando serve e probabilmente si produrranno meno veicoli. Quindi l’industria automotive, per restare in piedi, recupererà i minori ricavi dovuti al calo delle vendite facendosi pagare per i servizi installati nell’auto.
TRASFORMAZIONE RADICALE
In questo scenario, le case automobilistiche si stanno trasformando da complesse strutture manifatturiere in aziende a forte componente tecnologica. E’ significativo il caso Stellantis, nata dalla fusione fra Fca e Peugeot e che ci riguarda da vicino visto che questo colosso automobilistico ha in Italia 48.000 dipendenti diretti, perché l’azienda ha già iniziato a riconvertire le sue strutture ingegneristiche.
LA CADUTA DEL MERCATO
Ma cosa comporterà quest’immenso sforzo tecnologico per le 12 fabbriche di assemblaggio di auto e motori che Stellantis mantiene in Italia? La buona notizia che è arrivata dalla presentazione del piano strategico aziendale avvenuta l’altro ieri è questa: entro il 2030 i marchi di lusso e premium italiani Maserati, Lancia e Alfa Romeo assieme a quello francese DS, quadruplicheranno il fatturato e quintuplicheranno i margini. C’è un solo modo per ottenere questi risultati: produrre molte più auto in Italia riducendo la cassa integrazione. E’ una grande opportunità, ma non sarà semplice. L’anno scorso dalle nostre catene di montaggio sono usciti appena 700.000 veicoli compresi i furgoni Ducato prodotti dalla abruzzese Sevel. La Germania ne ha prodotto 3,1 milioni, la Spagna oltre 2 milioni e la Francia circa 1,5 milioni. Tutti i Paesi hanno prodotto meno rispetto agli anni scorsi. Da questo punto di vista Tavares nella presentazione del piano è stato chiaro. «Prima del Covid - ha detto - il mercato europeo sfornava 18 milioni di mezzi oggi siamo a 15 milioni. Se le leggi Ue continuano a limitare l’uso dell’auto, sarà difficile tenere in piedi l’attuale sistema industriale e il lavoro qualificato che produce». Il notizia non buona è che i costi dovranno essere ridotti. Tavares ha visitato tutti gli stabilimenti italiani sottolineando che producono a prezzi più alti delle altre fabbriche europee, sebbene abbiano un costo del lavoro più basso. Ma per produrre auto premium servono processi sofisticati e sarà una bella sfida per Stellantis fissare il nuovo punto di equilibrio sulla qualità del lavoro nei suoi stabilimenti italiani. E non è detto che siano i lavoratori ad avvantaggiarsi.
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