Arca, al via i fondi che puntano sui minibond dell'eccellenza made in Italy

Arca, al via i fondi che puntano sui minibond dell'eccellenza made in Italy
Arca srg scommette sulle pmi italiane «d’eccellenza». E lo fa lanciando due nuovi fondi che investono in minibond. Si tratta di due fondi chiusi (Arca Economia Reale Bond...

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Arca srg scommette sulle pmi italiane «d’eccellenza». E lo fa lanciando due nuovi fondi che investono in minibond. Si tratta di due fondi chiusi (Arca Economia Reale Bond Italia e Arca Economia Reale Bond Italia Istitutional), dedicati ad investitoi individuali private, nel primo caso, e ad investitori istituzionali, nel secondo, che intendono investire in emissioni di piccole e medie società del made in Italy.




«Punteremo alle pmi che andranno sul mercato per crescere», spiega Marco Vicinanza, vice-direttore generale di Arca sgr. Abbiamo selezionato un universo di aziende target pari a 1700-1800 imprese, prevalentemente in settori che garantiscono meno rischi e più stabilità di ricavi (commercio, manifattura e servizi), il 70% concentrato i quattro regioni del centro-nord, per lo più con un fatturato compreso tra 50 e 250 milioni di euro (con qualche caso fino a 500 milioni e una fetta residuale fino a un milione di euro)».



Tutte imprese con precisi parametri economico-finanziari (tra due l’Ebitda positivo per almeno due anni consecutivi) e con un umissione in rampa di lacio da 10-15 milioni di euro. L’unicità dei nuovi fondi Arca è che, pur passando attraverso il sistema bancario, rappresenteranno una piattaforma aperta a qualunque intermediario, non a una banca sola quindi. E per garantire «l’assoluta esclusione di conflitti di interesse» ci sarà anche un’analisi indipendente e un costante monitoraggio sulle imprese, assicura Vicinanza.



Passando ai dettagli finanziari, la raccolta dei fondi è appena partita e durerà fino al 28 gennaio 2016. Il target? Una raccolta di 200 milioni ciscuno, con un minimo di 75 milioni. La durata sarà di 7 anni e il rendimento lordo ipotizzato del 5,5%, praticamente quanto un’emissione high yield (ad altro rischio) ma, al contrario, con un rischio di credito abbastanza basso.



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Il Messaggero