Alitalia, la sfida di Giuseppe Leogrande non andrà oltre i sei mesi: non ci saranno altri tempi supplementari. Entro giugno, ha annunciato in un’intervista al...
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Alitalia, Patuanelli: «Sei mesi o si chiude. Ilva, zero esuberi a fine piano»
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Dunque si dovrà trovare prima una strada, sotto l’ala pubblica, per alleggerire il costo del lavoro. Alle spalle ci sono 1,3 miliardi di risorse pubbliche iniettate in due anni e sette mesi di amministrazione straordinaria, e ora Logrande ripartirà da uno schema di ristrutturazione con 2.500 esuberi, comunque meno della metà dei 6.000 chiesti mesi fa da Lufthansa e Delta.
Anche di questo si parlerà domani nel corso dell’incontro con i sindacati al ministero del Lavoro per l’esame della procedura di cassa integrazione straordinaria richiesta dall’azienda per 1.180 dipendenti dal primo gennaio al 23 marzo prossimo. Azienda e sindacati hanno tempo fino al 31 dicembre per arrivare a un’intesa sulla nuova tornata di cigs. Ma sarà inevitabile parlare dell’obiettivo del super commissario di contenere gli esuberi a circa 1.500 lavoratori in più rispetto ai dipendenti già oggi in cassa integrazione.
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Si tratta di sfruttare tutti gli ammortizzatori sociali esistenti, ma il nuovo commissario intende anche chiederne di nuovi al Mise: prepensionamenti mirati e “scivoli” per favorire al massimo le uscite, evitando macelleria sociale e spezzatini. Certo, di spezzatini il ministro Patuanelli non vuole sentirne nemmeno parlare. C’è spazio allora per uno spacchettamento che consenta la ristrutturazione decisiva? «Si può immaginare una holding Alitalia con una diversa articolazione che mantenga l’integrità aziendale», ha spiegato lo stesso Patuanelli al Messaggero. Un modo per dire che «non è accettabile» la costituzione di società diverse «destinate alla vendita». Altra cosa è invece la possibilità di divisionalizzare le attività di volo, separandole dall’handling e dalla manutenzione. Questa è comunque una strada efficace da percorrere per alleggerire il conto degli esuberi, secondo gli esperti del settore.
Del resto, se non si rende la società «interessante» - e adesso non lo è per lo stesso ministro - non c’è altra alternativa alla chiusura.
Lo sbocco della liquidazione è l’alternativa certa, a sentire il ministro, se non si faranno «i cambiamenti seri» per i quali c’è ancora spazio. A quel punto anche la Commissione Ue potrebbe avere meno da dire sugli 1,3 miliardi di prestiti arrivati dal Tesoro. Il segnale di discontinuità segnato con la nomina di Leogrande e la prospettiva di un rilancio su nuove basi, con un il restyling del brand Alitalia e la diversa struttura societaria, allontana per ora uno stop di Bruxelles per aiuti di Stato.
Resta sullo sfondo l’allarme dei sindacati per l’ennesimo passaggio pieno di incognite: oltre ai necessari chiarimenti sul futuro, i lavoratori chiedono al governo di rendere strutturale il finanziamento del Fondo di solidarietà del trasporto aereo considerato «un intervento urgente» per «garantire le attuali e future prestazioni d’integrazione». Una sollecitazione recapitata dai sindacati ai ministri del Lavoro Nunzia Catalfo, dell’economia Roberto Gualtieri, dello sviluppo Patuanelli e dei trasporti Paola De Micheli, in vista della scadenza il 31 dicembre del finanziamento del Fondo, uno strumento di sostegno al reddito che finanzia di fatto gli ammortizzatori. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero