ROMA Quarantott'ore dopo la bocciatura del pre-accordo la cautela di tutte le forze politiche sul destino di Alitalia conferma la difficoltà ad immaginare ipotesi...
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IL SUMMIT CON PADOAN
Una frenata ai ministri Calenda, Poletti e Delrio che, «sconcertati» dall'esito della consultazione, in un primo momento sembravano disegnare per Alitalia un unico e solo destino: il commissariamento e poi la vendita in blocco o a pezzi. Ieri la svolta riassunta al Tg1 dal ministro Delrio dopo un vertice a palazzo Chigi: «Sono piuttosto contrario all'ipotesi di dividerla a pezzi. Penso che abbia le caratteristiche, la potenzialità per essere venduta insieme e per trovare un nuovo progetto industriale». La riunione convocata da Paolo Gentiloni con i tre ministri interessati e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan non solo è servita per fare il punto sui costi diretti ed indiretti dell'eventuale liquidazione e per riprendere in mano il piano industriale, ma anche per dare quel segnale chiesto ieri l'altro da Matteo Renzi, per bocca di Ettore Rosato e Michele Anzaldi, e ieri dal presidente del Pd Matteo Orfini. «Il rischio di fallimento e liquidazione è concreto- scrive Orfini sul blog Left Wing - ma sarebbe sbagliato considerarlo un esito ineluttabile e prima di accettarlo occorre verificare con attenzione ogni possibile alternativa». A sperare per una soluzione che eviti il fallimento non sono però solo i lavoratori, ma anche i grandi investitori (Banca Intesa e Unicredit) e la stessa Etihad.
La strada del commissariamento sembra però l'unica e ieri. Se ne è discusso a palazzo Chigi - in attesa della riunione dell'assemblea dei soci del 2 maggio - ma stavolta senza dare per scontata la svendita in blocco o a pezzi. Per evitare la liquidazione servirebbe un intervento dello Stato o di società ad esso collegati. Ieri tra le ipotesi circolava quella delle Ferrovie dello Stato che dovrebbe partecipare ad un piano di integrazione tra aereo e treno. Senza la ricapitalizzazione della società - che al momento sembra difficile - non ci sono alternative al commissariamento e al prestito ponte di trecento milioni di euro che dovrebbero servire per mantenere l'operatività dell'azienda nei prossimi mesi. Al tavolo del governo si continua ad escludere ogni ipotesi di nazionalizzazione - lo ha ribadito anche il premier - e di fatto si respinge la lettera dei sindacati di base che chiedono di riaprire la trattativa per arrivare ad riacquisto della società da parte della Cassa Depositi e prestiti. Un equivoco - quello della possibile nazionalizzazione - che ha condizionato non poco l'esito del referendum e che ieri sera in tv a La7 persino il pentastellato Di Battista ha negato sia la soluzione proposta dal M5S. Per Alitalia serve «un vero piano industriale con cui rendere la compagnia appetibile. A quel punto - ha aggiunto Di Battista - non escluderei l'intervento di partner europei». Una posizione simile a quella del Pd renziano e che di fatto isola politicamente quella parte del sindacato che ha spinto per il no al referendum.
ELISEO
A pochi giorni dalle primarie, Renzi si guarda bene dal polemizzare direttamente con il governo o con lo stesso ministro Calenda al quale i renziani attribuiscono intenzioni simili a quelle del francese Macron che un anno fa si dimise dal governo di Hollande per preparare la candidatura all'Eliseo.
Il Messaggero