Affitti brevi, Corte Ue: l'Italia può chiedere le ritenute ma richiesta di rappresentante fiscale è "sproporzionata"

Affitti brevi, Corte Ue: l'Italia può chiedere le ritenute ma richiesta di rappresentante fiscale è "sproporzionata"
(Teleborsa) - La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha dato parzialmente torto ad Airbnb nel ricorso sul regime fiscale italiano per le locazioni brevi introdotto nel 2017: la...

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(Teleborsa) - La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha dato parzialmente torto ad Airbnb nel ricorso sul regime fiscale italiano per le locazioni brevi introdotto nel 2017: la legge può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate, e soprattutto di applicare la ritenuta d'imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale. Il giudice di Lussemburgo ha dato invece ragione ad Airbnb sulla parte relativa all'obbligo di designare un rappresentante fiscale introdotto dalla stessa legge n.96 del 21 giugno 2017, giudicato "una restrizione sproporzionata alla libera prestazione dei servizi".


La legge italiana del 2017 ha infatti stabilito un nuovo regime fiscale per gli affitti di immobili a breve termine al di fuori di un'attività commerciale. Tale legge si applica ai contratti di locazione di immobili residenziali da parte di persone fisiche al di fuori di un'attività commerciale per un periodo massimo di 30 giorni, siano essi stipulati direttamente con i locatari o attraverso il coinvolgimento di intermediari immobiliari, tra cui figurano soggetti che, come Airbnb, operano online. La norma prevede che dal giugno 2017, i redditi derivanti da tali contratti di locazione sono – qualora i proprietari interessati abbiano optato per tale aliquota agevolata – soggetti a ritenuta d'acconto con aliquota del 21% dovuta all'Erario con la trasmissione dei dati relativi ai contratti di locazione all'autorità fiscale.

Quando percepiscono affitti, o concorrono alla loro riscossione, gli intermediari immobiliari devono, in qualità di esattori, trattenere quindi il 21% dell'importo degli affitti e versarlo all'Erario. La legge prevede inoltre che i soggetti non residenti che non hanno una stabile organizzazione in Italia nomino, in qualità di debitori d'imposta, un rappresentante fiscale. I legali di Airbnb hanno fatto ricorso al provvedimento chiedendo l'annullamento della decisione del Direttore dell'Agenzia delle Entrate che attua il nuovo regime fiscale. Il Consiglio di Stato – dopo aver accolto il ricorso di Airbnb – ha chiesto alla Corte di Giustizia europea di interpretare alcune disposizioni del diritto dell'Unione alla luce degli obblighi imposti dal diritto nazionale agli intermediari che agevolano gli affitti a breve termine di beni immobili.

L'obbligo di ritenuta dell'imposta alla fonte s'impone, secondo i giudici a Lussemburgo, tanto ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare stabiliti in uno Stato membro diverso dall'Italia, quanto alle imprese che hanno ivi uno stabilimento. La Corte esclude, dunque, che sia possibile ritenere che detto obbligo vieti, ostacoli o renda meno attraente l'esercizio della libera prestazione dei servizi. Rispetto alla parte della sentenza in cui il tribunale a Lussemburgo ha dato invece ragione ad Airbnb, quella cioè sull'obbligo di designare un rappresentante fiscale, il fatto che l'amministrazione fiscale disponga già delle informazioni ad essa trasmesse relative ai contribuenti, segnala la Corte, è tale da semplificare il suo controllo e dà ancor più rilevanza al carattere sproporzionato dell'obbligo di designazione di un rappresentante fiscale.


(Foto: Corte di giustizia dell'Unione europea) Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero