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Oggetti preziosi per un ristretto circolo di ricchi, vacanze nelle quali ogni desiderio viene esaudito.
Se bastasse questo per definire il lusso, con il passare del tempo perderebbe la sua attrattiva. E invece: i consumatori alto-spendenti, circa 400 milioni che diventeranno 500 milioni entro il 2030, continuano ad acquistare prodotti esclusivi e il 40% prevede per l’anno prossimo un aumento del proprio budget. «Il concetto di lusso è nomade e si presta a diverse definizioni. Si modifica sull’onda dei cambiamenti socio culturali. Dieci anni fa era aspirazionale, oggi deve essere fonte di ispirazione», riflette Stefania Lazzaroni, dal 2013 Direttrice Generale di Altagamma. Con 115 soci rappresentativi di un comparto che vale 144 miliardi di euro, la Fondazione rappresenta la creatività italiana nel mondo in sette settori, dalla moda al design, dai gioielli all’ospitalità, dalla nautica al vino, fino ai motori. Eccellenze che, insieme, si accingono a chiudere un 2023 da record per il mercato globale del lusso: 1.500 miliardi di fatturato, più 10% rispetto all’anno precedente.
NUMERI IN CRESCITA
Altagamma è un osservatorio privilegiato su un «brand fortissimo» - il made in Italy eccellente - apprezzato all’estero tanto che una fetta tra il 60 e l’80% dei ricavi è realizzata fuori dall’Italia. Uno slittamento di prospettiva su cui ragionare per continuare a crescere: se in passato l’alto di gamma era destinato a una cerchia limitata e spesso identificato con sfarzo e opulenza, oggi si parla di democratizzazione del lusso.
DONNE AL VERTICE
Una borsa bella e ben fatta non basta più, «deve esserci anche il buono, i valori di cui il brand si fa portavoce e rispetto e valorizzazione delle persone, che siano clienti o dipendenti. Molti grandi marchi del lusso sono, con la loro produzione e i loro modelli di business, un esempio di come un’azienda possa essere al contempo ben gestita e rispettosa dell’ambiente, delle persone. In una parola, sostenibile nel tempo». Queste, sottolinea Lazzaroni, «sono espressioni di un brand che si distingue, che dà il proprio contributo alla società. Non è solo un’azienda di successo e profittevole». In base agli ultimi indici del Gender Gap, solo il 2-3% delle donne ricopre il ruolo di Ceo in Italia, le aziende di Altagamma vantano il 21% di donne tra Ceo e presidenti e si impegnano a raggiungere l’obiettivo della legge Golfo Mosca del 40% di presenza femminile nei board. «Siamo sensibili al tema dell’inclusività, i nostri acquirenti sono giovani e molto esigenti. Il consumatore di riferimento non è più cinquantenne, anglosassone o europeo, ma asiatico attorno ai venticinque anni. Una generazione molto più attenta ai temi della sostenibilità e il lusso si fa interprete di questo sentire comune». Affiancato dall’azione del governo, al quale Altagamma chiede l’intervento in tre aree strategiche: internazionalizzazione, transizione verde e digitale e mestieri manifatturieri da preservare e promuovere attraverso sgravi contributivi e un regime fiscale agevolato per fare tesoro dell’esperienza dei pensionati affidando loro il ruolo di formatori dei giovani talenti. «Il brand è un elemento intangibile, su cui investire perché è questo che contribuisce a creare l’aura di un prodotto o un servizio, la sua reputazione e quella desiderabilità che lo rende speciale». E se la manager del lusso dovesse concedersene uno? «In questo momento opterei per esperienze speciali: un viaggio, un momento di benessere, a contatto con la natura, una cena. Pause preziose, in questi tempi».
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