Sicurezza a misura d'uomo in auto più rischi per le donne

Sicurezza a misura d'uomo in auto più rischi per le donne
Anche le cinture di sicurezza sono maschiliste. Non solo i farmaci vengono prodotti a misura di uomo, infatti ma tantissimi settori, dalla progettazione al design alla sicurezza,...

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Anche le cinture di sicurezza sono maschiliste. Non solo i farmaci vengono prodotti a misura di uomo, infatti ma tantissimi settori, dalla progettazione al design alla sicurezza, sono pensati per migliorare una vita al maschile. Le conseguenze, non visibili a occhio nudo, chiamano a una riflessione. Se si guarda alla sicurezza stradale, grazie al fatto che le cinture di sicurezza sono state disegnate pensando a come proteggere un uomo, una donna vittima di incidente stradale ha il 47 per cento in più di probabilità di restare gravemente ferita; il 71 per cento in più di subire una lesione moderata e il 17 per cento in più di morire. Sono solo alcuni dei numeri raccolti nel libro Per soli uomini di Guido Romeo ed Emanuela Griglié.



In particolare il settore mobilità mette in luce disparità sin dal 2011, grazie a uno studio fatto dalla città svedese di Karslkoga: la giunta comunale decise di approvare una normativa che costringeva a riesaminare ogni provvedimento nell'ottica della parità di genere. Da qui, si scoprì per esempio che i servizi di sgombero neve erano organizzati in modo da dare precedenza alla ripulitura delle strade più trafficate, lasciando per ultimi marciapiedi e piste ciclabili, ovvero i percorsi più usati dalle donne che utilizzano di più i mezzi pubblici o le bici per recarsi al lavoro. Non solo. La tecnologia sta prendendo sempre più piede ma anche qui bisogna fare attenzione a non riprodurre in rete gli stereotipi, la mentalità e il modo con cui si continua a progettare nella vita materiale: ad esempio il software di riconoscimento vocale di Google ha il 13 per cento di probabilità in più di comprendere con precisione parole pronunciate da un uomo. E quando si tratta di richieste di soccorso, ad esempio, può fare la differenza tra salvare una vita o meno.

Scoperte nuove, queste, che si aggiungono ai gap e alle esclusioni delle donne in tanti settori, già molto denunciate ma mai risolte: le statistiche ricordano che nei programmi di informazione la presenza femminile scompare nelle notizie di politica e sport, con un 85 per cento le voci maschili, per non parlare di economia, dove i giornalisti uomini sono il 98-99 per cento. In Italia solo l'8 per cento delle vie è dedicato a personaggi femminili ; negli Stati Uniti le statue dedicate a donne sono il 10 per cento; se si fa un giro su Wikipedia si nota che solo un una biografia su quattro è dedicata a una figura femminile.
«La pandemia ha messo in evidenza ancor di più il divario di genere», sottolinea Giorgia Lodi, tecnologa all'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr e tra le maggiori esperte di dati aperti d'Italia. «Se pensiamo alle sole pubblicazioni scientifiche, le autrici in Italia sono meno del 50 per cento del totale. Ecco, ritengo che il paradigma dei dati aperti possa aiutarci molto nell'analizzare e nel renderci più consapevoli dello stato di salute della nostra società. I dati aperti mettono tutti alla pari: tutti hanno uguali condizioni di riutilizzo per ricavare quel valore aggiunto necessario anche nella lotta all'equità di genere. Tuttavia anche per questo delicato tema affinché ci possa essere reale beneficio dai dati aperti è indispensabile far sì che seguano azioni e politiche mirate e concrete che aiutino a colmare il divario di genere».


Costruire un mondo più inclusivo è però possibile. «NextGenEU affermano Guido Romeo ed Emanuela Griglié, autori del libro Per soli uomini - è una grande occasione per coniugare parità di genere e rilancio economico. Uno strumento molto utile, da applicare immediatamente è il Gia, il Gender Impact Assessment inserito nell'ultimo allegato alla legge di Bilancio e che permette di fare una valutazione delle leggi sul genere. Ciò significa che un provvedimento apparentemente tecnico, come l'espansione del trasporto pubblico per abbattere le emissioni, se esaminato con i parametri opportuni, rivela un impatto positivo soprattutto per le donne che sono il 70 per cento degli utenti». Eliminare i gap si può. Basta volerlo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero