Tutelare i minori per consentire loro «una crescita serena» e le vittime delle violenze di genere in famiglia. È questo lo scopo che si propone il...
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Il documento, che recepisce le indicazioni a livello nazionale e internazionale in materia di violenza domestica come il Codice Rosso e la Convenzione di Istanbul, si propone di fare in modo che ci sia una circolarità di informazioni tra i settori penale e civile per fare «emergere e conoscere - ha spiegato Roberto Bichi - le effettive violenze in ambito famigliare e per avere un quadro più completo della situazione». Quadro che servirà in particolare al giudice in sede di separazione o divorzio o al giudice minorile affinché vengano valorizzate in sede di decisione situazioni di eventuali violenze di genere e maltrattamenti commesse nei confronti dei figli non ancora 18enni. L' intesa che «coordina le comunicazioni», obbligatorie, «sia in relazione a reati di violenza di genere in abito domestico - ha proseguito Bichi - sia alla disciplina della vita famigliare o dei minori in ambito civile» servirà «per una corretta valutazione dei giudici che avranno così ha un quadro più esatto» anche per le pratiche di tutela dei minori.
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Come si legge nel documento, «appare doveroso e necessario, al fine di perseguire una risposta giudiziaria maggiormente consapevole ed efficace nell'ambito delle situazioni inquadrabili in tutte le manifestazioni della violenza domestica e di predisporre le risposte più adeguate ai bisogni di una crescita serena dei minori, favorire una rapida e completa circolazione degli atti riguardanti le situazioni di pregiudizio in cui versano i minori a causa di violenza famigliare emergente dai procedimenti pendenti davanti al giudice minorile ovvero davanti al giudice ordinario». In sostanza i magistrati del settore penale e del settore civile, sia pm che giudici, avranno l'obbligo di trasmettere l'un l'altro le informazioni sui casi di maltrattamenti e violenze di genere in famiglia per tutelare, le donne e madri e in particolare i più piccoli che tante volte sono vittime soltanto per essere stati spettatori. E ciò in base al principio «dell'interesse superiore del bambino rispetto a quello della genitorialità condivisa».
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Il Messaggero