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Una donna di quarant’anni, come tante. Normalmente strangolata dalla pressione sociale: non ha figli, perché? Regolarmente schiacciata dal giudizio degli altri: fa la casalinga, perché? Quotidianamente vessata. Forse qualcosa di più: picchiata, violata dal proprio compagno. È un monologo di sopravvivenza alla violenza domestica Sposerò Biagio Antonacci della 45enne romana Milena Mancini, per la regia di Vinicio Marchioni, a Roma dall’8 novembre al Teatro Off Off di Via Giulia. «Volevo parlare di violenza attraverso il ritratto di una quarantenne del 2000 – racconta Mancini - che sceglie di essere casalinga, che non ha figli e che deve accudire i genitori. Quando a 40 anni non corrispondi all’immagine canonica che la società ha della donna, vieni messa in condizione di subire una violenza, non fisica ma psicologica. Quel tipo di violenza che concima il terreno su cui si può innestare quella fisica: chi la subisce è spesso convinta di meritarsela, per un senso di colpa ingiustificato e pregresso».
L’IRONIA
L’idea di scrivere un testo sulla violenza era balenata nella mente dell’attrice già dieci anni fa, «dopo aver letto Una donna di Sibilla Aleramo.
Mancini ha studiato le dinamiche della violenza domestica parlando con psicologi e vittime, «storie di persone semplici, quelle della gente che ci circonda: le vittime potremmo essere anche noi. Le donne hanno una grande capacità di raccontarsi e le persone con cui ho parlato, tutte capaci di mettersi alle spalle la crisi, sono state molto generose. Gli psicologi mi hanno dato un punto di vista più tecnico, su ciò che accade nella mente di una donna che viene picchiata». E che spesso, purtroppo, non è in condizione di denunciare. «Con il senso di colpa viaggia anche la paura, è come la favola di Barbablù. Quel che non è tollerabile è che non si denunci dall’esterno: spesso la prima violenza è l’indifferenza». Sul set di Mia di Ivano De Matteo, e tornata anche nella seconda stagione delle serie A casa tutti bene e Christian, per Mancini il teatro resta la prima, travolgente passione, quella in grado di «nutrire» tutte le altre. «Quando porto in scena questo spettacolo chiedo sempre al pubblico di restare. Il confronto con la gente, a caldo, è bellissimo. Quello che volevo era proprio questo: che se ne parlasse. Per me l’arte teatrale non deve rimanere chiusa dietro al sipario, ma aprirsi al pubblico»
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