Cinque scienziate per una startup sui materiali innovativi e sostenibili: «Costruiamo il futuro»

La startup si chiama WoMat, cioè Women e Materials

Cinque scienziate per una startup: «Vogliamo essere d'esempio alle imprenditrici»
Sono scienziate, colleghe, amiche e anche socie. Le ingegnere della start up che già nel nome promette una rivoluzione: WoMat, da Women e Materials. Cinque ricercatrici (e...

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Sono scienziate, colleghe, amiche e anche socie. Le ingegnere della start up che già nel nome promette una rivoluzione: WoMat, da Women e Materials. Cinque ricercatrici (e una ceo) che hanno unito competenze, forza e passione per dar vita a un’impresa al femminile con l’obiettivo di sviluppare materiali innovativi, hi-tech ed ecosostenibili. Una sfida che viaggia tra Modena a Lecce. Carola Esposito Corcione, 47 anni, professore associato di ingegneria chimica all’università del Salento, guida il team delle studiose: Aurora Rizzo, fisica, Silvia Colella, chimica, Antonella Giuri, ingegnera dei materiali e Raffaella Striani, specializzata nella tecnologia per i beni culturali. A loro si è aggiunta Stefania Carlucci, 30 anni, la più giovane del gruppo, ingegnera energetica, la ceo di WoMat.


Come è nato questo progetto?
Carola Esposito: «Dall’incontro tra noi cinque socie fondatrici, ricercatrici nel Salento, e Reinova, polo innovativo specializzato nella conversione all’elettrico, un’eccellenza europea nel cuore della Motor Valley. Dalla fusione di questi due mondi, è nata questa realtà unica grazie alla sinergia di competenze che spaziano dall’ingegneria chimica all’energetica, dalla fisica alla tecnologa dei beni culturali».
Stefania Carlucci: «Women e Materials sono i due caratteri distintivi dell’impresa: la prevalenza di donne, tutte con un background scientifico e ingegneristico, e la ricerca sui materiali. Stiamo per brevettare diverse soluzioni che speriamo presto entreranno in produzione per rispondere alle sfide tecnologiche e ambientali. Reinova fa da incubatore della start up e la supporta nella fase iniziale di crescita».

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Su quali materiali state lavorando?
Carola: «Materiali che sono in grado di soddisfare tutti i requisiti imposti dalla sfida della scienza e della tecnologia, in vari settori, dalla salute all’ambiente, dall’energia a beni culturali. I nostri materiali risultano più performanti, economici ed sostenibili di quelli attualmente in uso. Hanno una grande semplicità di produzione e una elevatissima resistenza. Inoltre vengono realizzati con materiali ecosostenibili»
Stefania: «Il minimo comune denominatore è utilizzo di polimeri riciclati o biodegradabili uniti con una componente inorganica. Questa particolarità conferisce al materiale caratteristiche uniche dovuta all’eccezionale stabilità in ambiente ostili, come quelli acquosi. Possono essere destinati a vari usi, dall’automotive alle costruzioni, all’energia rinnovabile e utilizzati anche in ambito biomedicali». 


Come siete organizzate?
Esposito: «La sede e le attrezzature sono messe a disposizione da Reinova. Ci incontriamo virtualmente».
Carlucci: «Siamo molto affiatate e facciamo gruppo».

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Come si lavora in un team di sole donne e perché avete fatto questa scelta?
Esposito: «A differenza dei luoghi comuni, credo che tra donne si lavori molto meglio. Non c’è alcuna competizione ma si fa squadra, quello a cui ho sempre ambito nella mia vita. Ma la cosa principale è che lavoro con persone all’altezza del mio sogno, indipendentemente dal genere. Questa è una sfida dal grande valore simbolico: dimostrare che non abbiamo niente di meno, il che non è scontato nell’ambiente scientifico così maschile, dove il mio aspetto gradevole viene considerato prima delle mie competenze. Vengo da una facoltà in cui al primo anno eravamo 350 studenti, di cui 4 donne. Alla fine del percorso eravamo 18 e ancora 4 donne, tutte laureate con 110 e lode».
Carlucci: «Il nostro obiettivo è anche essere un esempio di coraggio per altre donne che vogliono mettersi in gioco. Vogliamo normalizzare la presenza delle imprenditrici nel mondo scientifico. Noi donne possiamo fare la differenza per una spiccata attenzione al dettaglio e per l’amore con cui si fanno le cose. Ma la prima condizione resta comunque avere competenze, al di là del genere».


Ci sono mamme nel vostro team?
Esposito: «Noi ricercatrici siamo mamme. Io ho due figlie di 20 e 16 anni. Le altre sono neomamme. Sono rimasta incinta durante il dottorato, allattavo davanti al pc. Nella mia carriera ho fatto tutto con una figlia in braccio. Ci aiutiamo anche in questo, ci sosteniamo, siamo amiche oltre che colleghe. Essere mamma è un valore aggiunto, anche perché dormi meno di altre».

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Vi allargherete? Che obiettivi avete nell’immediato?
Carlucci: «Ci allargheremo, accetteremo giovani e non nella nostra realtà, dal 2024 in avanti. Dopo la brevettazione, avremo bisogno di altre brillanti menti per essere supportati nella crescita».


Esposito: «Tra le altre cose, stiamo lavorando a un materiale trasparente di origine naturale, autopulente. Un’idea di Antonella, stufa di pulire la doccia. Siamo ingegnere, abituate a risolvere i problemi degli altri». 
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Il Messaggero