Giuseppina Torre: «Le scarpette rosse sul pianoforte. La mia musica contro la violenza»

La musicista premiata da Mattarella per il suo impegno sociale ed artistico: voglio scuotere le coscienze

Giuseppina Torre, pianista
Le scarpe rosse sul pianoforte. «Mi piace pensare che le mie note possano essere un veicolo per trasformare le cose. Il cambiamento è un viaggio e io lo percorro...

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Le scarpe rosse sul pianoforte. «Mi piace pensare che le mie note possano essere un veicolo per trasformare le cose. Il cambiamento è un viaggio e io lo percorro attraverso la mia musica e con le mie scarpe rosse». Giuseppina Torre, pianista e compositrice, inizia così ogni concerto, appoggiando accanto ai tasti il simbolo scelto dall'artista messicana Elina Chauvet per denunciare i femminicidi e diventato nel mondo il "grido" contro la violenza sulle donne, «per non dimenticare le tante, troppe vittime». Attacca con "Rosa tra le rose", dedicato alla madre che non c'è più, e poi prosegue con gli altri brani da lei composti che raccontano, tra l'altro, una storia di tante, anche la sua. «La musica parla e i simboli fanno arrivare a tutti un messaggio forte. È come dire: io, Giuseppina Torre, ci sono. Noi, ci siamo». Da Vittoria, in Sicilia, a Los Angeles (dove nel 2013 è stata premiata con due statuette ai Music Awards come "International Artist of the Year" e "International Solo Performer of the Year"), e poi in Vaticano (ha suonato per Bergoglio nel 2014 ed è autrice delle musiche del docu-film "Papa Francesco - La mia Idea di Arte") e infine al Quirinale (nel 2021 le è stata conferita l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana). Ne ha fatta di strada con il pianoforte e le scarpette rosse.

Dove vuole arrivare?
«Voglio scuotere le coscienze, far capire che dobbiamo cambiare la prospettiva e il nostro atteggiamento se vogliamo finalmente mettere fine alla violenza. Le scarpette rosse sono un simbolo di cambiamento e movimento. Coinvolgo gli spettatori, attraverso la musica, in un viaggio nel labirinto del cuore, per ritrovare le proprie emozioni. Tante volte le soffochiamo o ce ne dimentichiamo. Grazie alle note possiamo lasciarle venire a galla, tirar fuori i ricordi a cui sono legate. Per cambiare dobbiamo fare i conti con le nostre emozioni. Durante i concerti racconto sempre le composizioni e quel flash emotivo che le ha scatenate. Il prossimo sarà a Castri di Lecce, il 12 gennaio».
Raccontano anche di lei, quelle scarpette rosse?
«Parlano delle esperienze che ho vissuto anche io. Mi sono sposata a 32 anni, e a ripensarci avrei dovuto cogliere dei segnali che invece ho sottovaluto. Quando vado nelle scuole a parlare lo ripeto sempre: ragazze, allarmatevi di fronte a determinati comportamenti».
A quali si riferisce?
«La violenza psicologica che si tende sempre a non considerare perché non lascia segni visibili. Ma scava dentro l'anima e crea una tale assuefazione che non ti accorgi più di essere continuamente umiliata. Quello che è anormale diventa normale. All'interno di un rapporto tossico si è come drogati. Fin quando non arriva la violenza fisica, e allora ti rendi conto che non hai scelta: o soccombi o reagisci e denunci».
E lei l'ha fatto?
«Sì, l'ho fatto. Ma quando si decide, bisogna essere consapevoli che da quel momento in poi si attraverseranno anni pesanti, in balia di tutti. All'epoca mi sentivo poco protetta. E devi sapere anche che arriverà molto probabilmente un'altra forma di violenza, quella economica. Una delle ragioni per cui le donne troppe volte non denunciano».
Lei ha avuto giustizia?
«Sì, l'ho avuta. Lui è stato condannato ma ci sono voluti sei anni».
Quali brani da lei composti parlano di questo percorso?
«Uno è "Gocce di veleno", dal titolo del libro di Valeria Benatti. Il veleno è la violenza psicologica che ti paralizza. In "Golden cage" parlo della gabbia che a volte non abbiamo la forza di aprire. E "Never look back", dall'album "Life book" è un invito a guardare avanti senza voltarsi indietro, ho metabolizzato il passato e vedo davanti a me un orizzonte sereno».
Quanto l'ha aiutata la musica?
«Mi ha salvata, è la mia compagna di vita, la mia isola felice. Io sono sposata con il mio pianoforte. Suono dall'età di sette anni, mio padre mi portò, al teatro di Vittoria, al concerto del pianista Aldo Ciccolini e quando uscii da lì, dissi: da grande voglio fare la pianista. Nel 2015, ad un concerto, ho suonato a un pianoforte autografato da Aldo Ciccolini. L'ho considerato un segno del destino».
Per il suo impegno artistico e sociale nella lotta alla violenza Mattarella l'ha nominata Cavaliere della Repubblica.
«Un grandissimo onore. Ho fatto tanti concerti di beneficenza per sostenere il "Telefono Rosa" e altre associazioni, e in alcuni casi per aiutare direttamente le vittime. Come è stato per Irene de Arcangelis, la donna di Pozzuoli incinta bruciata dal marito: tutto il ricavato del concerto è stato donato a lei per sostenere le cure. Ma vado anche in giro nelle scuole per parlare ai ragazzi di queste tematiche».
Che messaggio cerca di trasmettere ai giovani?

«Parlo delle emozioni, di educazione all'empatia. È necessario ora più che mai provare a scardinare una cultura e un'ideologia che sono alla base della violenza. Continuo a credere che possiamo cambiare il presente per un futuro in cui le donne possano vivere libere da violenza e paura».
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Il Messaggero