In missione per aiutare le invisibili «Abbiamo dato voce a tante vittime»

In missione per aiutare le invisibili «Abbiamo dato voce a tante vittime»
La potenza di quelle immagini inedite fa affiorare il destino drammaticamente segnato della stragrande maggioranza delle donne africane. Solitudine, discriminazioni, violenze...

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La potenza di quelle immagini inedite fa affiorare il destino drammaticamente segnato della stragrande maggioranza delle donne africane. Solitudine, discriminazioni, violenze diffuse ma soprattutto l'incapacità di trovare la forza per uscire da sole da una spirale apparentemente senza sbocco. «Quando ero bambina sognavo di poter studiare ma non c'erano abbastanza soldi e poi mio padre è morto presto e ho dovuto lasciare la scuola». La vita femminile nei villaggi in quasi tutti i paesi del continente dal Togo al Benin, dalla Nigeria all'Uganda, dal Ghana alla Costa d'Avorio - è simile e rasenta l'indescrivibile, così come accade negli slum delle grandi metropoli dove la musica per le bambine non cambia.

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«Nonostante mi picchiasse non gli davo la colpa», racconta una donna con il volto rigato di lacrime. «A me avevano promesso di mandarmi a scuola ma non hanno mantenuto la promessa», si dispera un'altra ragazza che aggiunge: «la ghettizzazione è stata la mia più grande sofferenza». L'8 marzo per molte di loro è qualcosa di lontano e sconosciuto.
Lia Beltrami, trentina, è la produttrice e la regista di un bellissimo documentario in uscita domani sul circuito dei media vaticani intitolato "In-Visibles". Con la sua assistente alla regia, suor Eleonora Agassa, una delle tante missionarie che conoscono a fondo il tessuto africano, ha dato vita a un progetto inedito che parte proprio dal racconto dell'universo femminile africano.

DESTINI

«Che cosa avranno mai in comune Eya Hegnon che fa la sarta, Agnes Sokpo che è una riflessologa, oppure Benedicta Sokpo, psicologa. Oppure Christine Munetu pasticcera, Rebecca Ama Agboli, di professione cuoca, Mamatou Akpo Sotondji, negoziante, Dorcas Fleur Kpodo, fondatrice di un orfanotrofio e Noeline Ezan Akossiwa, giovanissima parrucchiera tirocinante?», si chiede Beltrame. Per tutte è l'esperienza sperimentata dello sconforto, della brutalità, dell'isolamento, della disoccupazione. La rete delle suore missionarie in Africa da sempre fa miracoli nel silenzio generale. Se non fosse stato per le Suore della Provvidenza o per le Suore di Maria Madre, tanto per fare solo un esempio, per molte di queste donne nel documentario, sarebbero ancora invisibili all'Occidente. I loro volti e le loro storie tragicamente simili rendono questo filmato di trenta minuti (che verrà proiettato a Roma oggi) assolutamente prezioso. È una presa di coscienza collettiva capace di creare una breccia nell'indifferenza occidentale.
La presidente di questa rete femminile, María Lía Zervino, ha spiegato a Vatican News che In-Visibles può smuovere le acque facendo affiorare quel mondo sommerso che il Papa chiama la globalizzazione dell'indifferenza. Che è poi anche un modo per fare affiorare la violenza di genere. Da qui l'idea di un film che ha richiesto mesi di riprese tra il Togo e il Ghana.

 

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FARE RETE

Lia Beltrami rammenta la genesi del progetto: «L'idea, quando mi è stata proposta, mi è piaciuta subito perché riassumeva un po' l'impegno della mia vita». Assieme a suor Eleonora Agassa è partita piena di entusiasmo ed è tornata con la consapevolezza che la rete femminile occidentale non può restare in silenzio e non agire. «Abbiamo fatto sì che la voce di quelle donne diventasse la nostra».

In Togo, per esempio, a causa dell'alto tasso di mortalità materna le famiglie si trovano nelle condizioni di non occuparsi economicamente dei propri figli. Per dare a questi bambini un tetto sulla testa, si è attivata Fleur Dorcas Kpodo, che nel 2004 ha fondato un orfanotrofio a Lomé. Non avendo donatori regolari, la struttura dipende esclusivamente dai guadagni della fondatrice che si è inventata un sistema per la produzione di olio di mandorle. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero