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«La prospettiva attraverso la quale oggi la parità di genere femminile, le pari opportunità, sono entrate nell'agenda pubblica, è una prospettiva che riconosce finalmente le opportunità come una sfida sostanziale per lo sviluppo non solo democratico ma di pieno compimento democratico di tutto il paese». Lo ha affermato Elena Bonetti, Ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità intervenendo all'evento in streaming «Call me by my name. Donne e linguaggio, dalla politica alle nuove tecnologie», organizzato da Comin & Partners, società di consulenza strategica di comunicazione e relazioni istituzionali, e promosso dalla piattaforma per il women empowerment Freeda.
«Per troppo tempo - ha aggiunto - ci si è limitati a vedere o leggere e quindi conseguentemente intervenire sul tema della parità di genere in modo residuale riconducendolo solo ad un pezzo di società, collocandolo in un ambito di giustizia o di restituzione di un mancato. In qualche modo senza cogliere che in quel vuoto si è insinuata una fragilità sistemica del nostro paese.
All'evento ha partecipato anche Andrea Delogu, conduttrice e scrittrice. Lo spunto di riflessione proposto dal dibattito è stato il linguaggio, specchio della società, che può per primo farsi ambasciatore di un cambio culturale nell’ambito della parità di genere, con la tecnologia in prima linea per accelerare il processo. La riflessione parte da dati: al Parlamento europeo siede il 36% di donne. Considerando i 27 Paesi Ue e il Regno Unito, solo il 14,3% dei premier è donna e tra i presidenti la quota sale appena al 21,4%. L’Europa conta il 30% di ministri donne contro il 19% su scala mondiale. Su scala globale, invece, su circa 200 Paesi, solo 20 sono guidati da capi di Stato donne.
Al dibattito erano invitate Laura Basili, Founder Women At Business; Stefania Pompili, CEO Sopra Steria; Sara Ristori, Direttrice Editoriale di Freeda; Stefano Spaggiari, Founder & Chairman di Expert.ai; Emanuela Trentin, CEO di Siram Veolia. «Lavorando al fianco di imprese e istituzioni nella comunicazione strategica, sappiamo quanto il linguaggio abbia il potere di influenzare. In quest’ottica, declinare i ruoli al femminile è una scelta significativa. “Nominare”, infatti, prima di voler dire “assegnare un incarico”, significa chiamare per nome: un’azione fondamentale in ogni contesto per un reciproco riconoscimento tra pari. Riflettiamo, quindi, sull’importanza di chiamare le donne con il proprio nome (e cognome!) e di utilizzare il femminile dei titoli così da stimolare un maggior equilibrio, offline come online. Dunque, Call me by my name!”», ha dichiarato Elena Di Giovanni, Vicepresidente e Cofondatrice di Comin & Partners, moderatrice dell'evento.
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Il Messaggero