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Più ostacoli e meno guadagni per le donne che lavorano in ambito tecnologico. Secondo un sondaggio Shetech e Idem, il 69% delle intervistate pensa che sia più complicato per loro, rispetto agli uomini, raggiungere i traguardi di lavoro, mentre l’86% crede di essere pagata meno del collega maschio. Dal punto di vista della carriera l’84% delle donne intervistate pensa che un uomo abbia più probabilità di essere promosso e il 67% di loro crede che in fase di assunzione, tra un uomo e una donna con eguali caratteristiche, venga preferito un uomo. Percentuali che trovano riscontro non solo in ambito tecnologico: secondo il Global Gender Gap Report 2022, infatti, serviranno 132 anni per arrivare alla parità di genere nel mondo. Sui 145 paesi presi in esame dal report internazionale, l’Italia è al 63esimo posto.
Le discipline Stem
Se, infine, si prendono in esame le discipline Stem, la situazione peggiora: le donne, infatti, sono sottorappresentate in particolar modo nei campi dell’ingegneria (6,6% donne contro il 24.6% uomini) e dell’ICT (1,7% donne contro il 8.2% uomini). Ma nonostante la situazione presenti non pochi aspetti di complessità, emergono tendenze positive, non è un caso infatti che l’87% delle donne intervistate che, quindi, già lavorano nell’ambito tech dice di essere stata incoraggiatadurante tutto il proprio percorso. Di donne e professioni digitali si è parlato all’evento "Women4Tech - L'innovazione è femminile", promosso dalla compagnia assicurativa Generali, con la collaborazione tecnica dalla società di recruiting, specializzata in settori ad alto contenuto tecnologico e legati al mondo dell’innovazione, Oliver James.
L’evento è stato un momento di incontro tra professioniste che aspirano a carriere nelle più innovative professioni tecnologiche, e affermate manager che già lavorano nell’ambito. «Dal rapporto SheTech - dice Chiara Fangareggi, senior manager di Oliver James - emerge un dato su cui riflettere: il 67% delle donne intervistate pensa che in un processo di assunzione per un ruolo tecnologico, a parità di competenze, le aziende preferiscano un collega uomo. Come società di recruiting siamo convinti che nel mondo del lavoro si stia affacciando un nuovo modello, molto più equo, e che il contrasto al gender gap passi in primis dalla fase di selezione del personale e che quindi è anche da qui che dobbiamo iniziare a contrastarlo - e continua Fangareggi - perciò, proprio in questo senso deve andare l’impegno delle società di recruiting: nel proporre alle aziende shortlist composte per il 50% da donne, impegnandosi in progetti di inserimento equo di personale, presentando all’azienda una squadra composta da un numero equo di donne e uomini».
Affinché il match funzioni, però, c’è bisogno che l’impegno sia condiviso da chi assume. «Le aziende stanno cambiando il loro punto di vista - dice Fangareggi - stiamo assistendo alla nascita di una nuova tendenza da parte delle imprese che assumono: alcune di esse sono addirittura disposte a pagare di più per selezioni bilanciate».
Il Messaggero