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«C’era una bimba che voleva far scomparire tutti i rifiuti del mondo. Così ebbe un'idea: costruire un robot ghiotto di spazzatura. Il giorno del suo sesto compleanno. Fine.....»
Eh sì, perché la favola delle bambine scienziate si ferma già a sei anni, quando anche le più piccole rinunciano a quel sogno: fare scoperte, inventare robot, lavorare in laboratorio. E non vedono più il loro futuro nella scienza.
L’11 febbraio, in occasione della Giornata Mondiale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, istituita dall’ONU nel 2015, Valore D lancia #ValoreD4STEM una campagna di opinione per promuovere la partecipazione delle donne al mondo scientifico con un video. La favola della bambina che voleva fare scomparire tutti i rifiuti del mondo.
Ma è a quel futuro che bisogna guardare. Nonostante rappresentino oltre la metà dei laureati in Italia (58,7%), sono ancora troppo poche le ragazze che scelgono un indirizzo di studi nelle materie scientifiche. Nel 2020 solo il 18,9%, si è laureata in una di queste materie – contro il 39,2% dei ragazzi – e, se si guarda alle lauree in informatica, il dato scende al 15% (Fonte: Almalaurea, XXIII Indagine sul Profilo dei Laureati, dati 2021). Eppure le competenze Stem saranno indispensabili per il futuro del lavoro; già oggi 84% dei datori ha in agenda la digitalizzazione dell'azienda e il 50% l'automazione di alcuni settori (Fonte: The World Economic Forum’s Future of Jobs Report 2020).
I PREGIUDIZI
A pesare su questa scelta è l’idea di non essere portate per le materie scientifiche, nonostante gli studi dimostrino il contrario. Un pregiudizio che si plasma sin da piccole quando, già intorno ai 6 anni, le aspirazioni lavorative vengono influenzate da stereotipi di genere che si ripercuotono sulle scelte future e influenzano anche la selezione nel mercato del lavoro.
La conferma arriva anche dalla professoressa Amalia Ercoli Finzi, una delle maggiori esperte di Ingegneria Aerospaziale, prima donna a laurearsi in Ingegneria Aeronautica in Italia. «C’è bisogno di donne che operino nell’ingegneria, nella ricerca scientifica, esperte in matematica e soprattutto nelle tecnologie, perché sono gli spazi in cui si articolerà il nostro futuro e esserne tagliate fuori vuol dire consegnare ad altri, gli uomini, il potere di costruirlo come vorranno».
LA SCUOLA
La scuola gioca un ruolo fondamentale nell’orientare le scelte di studio. Lo conferma anche l’indagine #ValoreD4STEM promossa da Valore D tra 61 aziende del network che, fotografando la presenza delle professioniste STEM nelle organizzazioni italiane, rileva che oltre il 62% aveva una predilezione per queste materie già sui banchi di scuola e che il 20% ha incontrato sulla sua strada un/una docente che le ha fatte appassionare alle STEM. Favorire la presenza femminile negli ambiti STEM avrebbe effetti positivi per l’economia. Sempre l’EIGE stima che colmare il divario fra uomini e donne nelle professioni tecnico-scientifiche contribuirebbe a una crescita del PIL europeo pro-capite del 2,2-3% nei prossimi 30 anni. «Il mondo del lavoro sarà plasmato dalle discipline STEM e già oggi un’azienda su quattro ha difficoltà nel trovare profili adatti a ricoprire il ruolo. È necessario un grande sforzo di comunicazione che parta dalle scuole e dalle famiglie e superi lo stereotipo delle materie scientifiche noiose e difficili, e quindi non adatte alle ragazze. Bisogna agire un profondo cambiamento culturale che mostri alle donne le potenzialità di un lavoro in ambito STEM affinché aumenti la loro presenza nei settori che oggi contribuiscono di più all’innovazione e alla crescita del business», conclude Paola Mascaro presidente Valore D.
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