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Dagli errori si può ricominciare e riscoprirsi più forti di prima. La storia personale e imprenditoriale di Virginia Scirè di Castelfranco Veneto, 43 anni, una laurea in Economia, è fatta di tanti blocchi e ripartenze, ma innanzitutto di tenacia e sorrisi, che alla fine l'hanno condotta al successo, costruendo un'impresa sostenibile, amica delle donne e delle mamme, che in soli tre anni di attività ha triplicato il fatturato. L'anno scorso ha chiuso a 650mila euro, quest'anno supererà il milione. In totale ci lavorano l'imprenditrice, una collaboratrice a tempo pieno, due part-time, sei freelance che seguono tutta la parte del web e del marketing online; sono in fase di ampliamento e a settembre 2022 lo staff interno sarà costituito da cinque dipendenti più la titolare. L'aspetto rivoluzionario di questa realtà, è l'essere organizzata secondo i tempi delle mamme, con orari flessibili in ufficio, e con la possibilità di ricorrere allo smartworking, in base alle esigenze delle famiglie; alle ore 16, si chiude, come succede in tante realtà tedesche, alle quali Virginia si è ispirata.
INDOSSA IL BAMBINO - L'azienda si chiama Wear Me, vende per lo più online, in Italia e in piccola quota nel mercato estero, ha sede e showroom a Castelfranco Veneto, dove riceve su appuntamento; attualmente è l'unico brand italiano ad occuparsi di babywearing (letteralmente indossare il bambino), che riporta alla cosiddetta pratica del maternage, che consiste nel portare il proprio bimbo addosso tramite l'ausilio di supporti quali fasce e marsupi portabebè. «E pensare che solo quattro anni fa, quando iniziai a immaginare questa start up, la banca mi rifiutò un finanziamento di 15mila euro, reputando fallimentare il mio progetto di babywearing.
IL PRODOTTO - Le parole-chiave di Wear Me sono sostenibilità per le persone e l'ambiente, riutilizzo, impiego di fibre naturali, prodotti esclusivamente made in Italy (i fornitori artigiani sono in Veneto, Toscana, Emilia Romagna); l'azienda vende fasce e marsupi e poi tutta una linea a brevetto Wear Me di giacche e cappotti per donne incinte o che allattano. «Qualche mese fa la nostra azienda è stata selezionata insieme ad altre quattro start up dall'incubatore Social Fare Torino, per la nostra attenzione alla sostenibilità e all'impatto sociale. Questo ci consente di partecipare ad un progetto di accelerazione e sviluppo, di cui siamo molto fiere. A chi ci chiede come mai assumiamo in prevalenze donne, io rispondo che tanti anni fa ero dipendente di un'azienda finanziaria che - una volta divenuta mamma - mi costrinse a lasciare il lavoro, trasferendomi da Castelfranco Veneto a Verona. Lì aprii il mio primo e-ecommerce. Le donne sono discriminate sul lavoro, specie chi è madre; potendo scegliere, io voglio dare loro un'opportunità. In azienda abbiamo creato un clima familiare, dove ci sosteniamo a vicenda, dove stiamo bene e la produttività è elevata. La flessibilità di orario rende le persone più felici. E poi con Wear Me posso dedicarmi alla diffusione del babywearing, un autentico aiuto per tutte le famiglie».
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