L’astrofisica Ersilia Vaudo: «Gli studi Stem sono strumento di emancipazione femminile e indipendenza finanziaria»

L’astrofisica Ersilia Vaudo, Chief Diversity Officer dell’Esa, parteciperà al “Women Economic Forum” di Roma che si terrà alla Luiss. «Gli studi Stem sono strumento di emancipazione femminile e indipendenza finanziaria»

L’astrofisica Ersilia Vaudo: «Gli studi Stem sono strumento di emancipazione femminile e indipendenza finanziaria»
«La scienza è la più grande delle avventure, permette di andare dove non si è mai stati e di scoprire risposte che danno un senso a chi siamo»....

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«La scienza è la più grande delle avventure, permette di andare dove non si è mai stati e di scoprire risposte che danno un senso a chi siamo». Questa è la visione dell’astrofisica Ersilia Vaudo (60 anni), che il 22 novembre sarà a Roma, all’università Luiss Guido Carli, per partecipare al convegno “Women Economic Forum” (20-23 novembre). Il congresso è organizzato da G100, tra le più rappresentative associazioni femminili internazionali per la promozione della leadership e dell’empowerment economico delle donne con oltre 500.000 membri in 150 Paesi. Vaudo, originaria di Gaeta, dal 1991 lavora all’Agenzia Spaziale Europea (Esa) a Parigi come Chief Diversity Officer e Special Advisor on Strategic Evolution. Per quattro anni ha curato le Relazioni Internazionali all’ufficio dell’Esa a Washington, in particolare con la Nasa, ed è stata membro del Board of Directors di Women in Aerospace Usa. Nonostante il percorso professionale l’abbia portata lontano, il focus sull’empowerment femminile l’ha sempre tenuta legata all’Italia, tanto che il 26 agosto 2021 a Santa Margherita Ligure ha partecipato alla prima Conferenza G20 dedicata alle materie Stem. 

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Quando ha scoperto l’astrofisica?
«Ho avuto due privilegi da bambina: uno è stato di vivere a Gaeta dove ho interiorizzato un rapporto profondo con il mare e la natura, palestra di curiosità. L’altro è stato il contesto familiare stimolante: mia madre, biologa appassionata di scienza, ci incoraggiava a fare domande, rimarcando come tutte avessero valore, non ne esistevano di stupide o sbagliate».
Come la stimolava? 
«Sui barattoli della cucina non lasciava le classiche diciture zucchero, sale o bicarbonato, scriveva le formule chimiche per incoraggiare me e i miei fratelli a comprendere che la natura ha tanti linguaggi. Così non ha creato una distanza o un senso di inadeguatezza con la scienza o con la matematica, ma la sensazione di un gioco». 
Come mai ha scelto di studiare fisica? 
«È una materia che ha un impatto unico sulla formazione dell’individuo: obbliga a lasciarsi dietro le spalle tutto ciò che si conosce. Le leggi di Newton sono solo un pezzettino di una realtà che ci contiene e dove accadono cose impensabili. Per me è stato un elemento di empowerment straordinario. Ero ragazza e venivo dal Sud: sapevo che se fossi riuscita a fare una scelta valutata difficile sarei stata più ascoltata, una delle motivazioni che dovrebbero far parte della scelta al femminile. Esiste una legittimità, una credibilità che deriva dalla scienza, che aiuta l’emancipazione delle donne. Ne parlerò al Wef». 
Si riferisce al “Women Economic Forum”: orienterà le donne alla scienza?
«È interessante notare che nei Paesi dove c’è più gender equality come in Scandinavia sono ancora poche le donne che scelgono le materie Stem; in Paesi come la Tunisia o l’India, più del 50% delle ragazze sceglie queste materie. Il che potrebbe dimostrare come dove per le donne é più difficile affermarsi, possa esserci la consapevolezza che sono questi i settori che offrono una più grande emancipazione e indipendenza finanziaria». 
Che cosa significa? 
«Negli ultimi dati dell’Ocse sul divario di genere per le competenze in matematica tra adolescenti l’Italia precede solo la Columbia e il Costa Rica: siamo al 77° posto. A 15 anni le ragazze sono già tagliate fuori dalla scienza dei numeri, improbabile che studieranno ingegneria, fisica o informatica. Chi rimane fuori dalla matematica sarà più incline a delegare ragionamenti complessi, a irridere gli esperti, a non fidarsi della scienza: è una questione di tenuta democratica». 
Per questo insieme a Giovanna dell’Erba e Alessia Mosca ha fondato l’Associazione “Il Cielo Itinerante”, che porta la scienza a bambini che vivono in aree di povertà educativa?
«Esatto. Da due anni guardiamo le stelle con i bambini che vivono in zone di disagio sociale e abbandono. Quest’estate insieme a dei professori di Stanford abbiamo realizzato dei campi estivi a Napoli, Roma e Milano. Parliamo di bambini che odiavano la matematica e che ora valutano l’idea di studiarla».  
Di cosa tratta il libro “Mirabilis. Cinque intuizioni (più altre in arrivo) che hanno rivoluzionato la nostra idea di universo” edito Einaudi? 
«Delle intuizioni che hanno capovolto e capovolgeranno la comprensione dell’universo». 
Cosa consiglierebbe a chi volesse seguire le sue orme? 


«Non dirò “ragazze perseguite il vostro sogno perché si avvererà”, non sempre c’è un mondo in grado di valorizzare e ascoltare. Il suggerimento è di domandarsi quale sia il proprio talento, senza rispondere condizionati dal linguaggio degli altri».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero