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Pagare una donna meno di un uomo è una rapina. E chi asseconda è complice. Hanno il passamontagna in testa, come dei veri ladri, i protagonisti dello spot #stoprobbingwomen (in italiano: stop alle rapine alle donne) di Women Of Change Italia, la rete di professioniste che da mercoledì 10 novembre – giorno scelto dall’Unione Europea per celebrare l’Equal Pay Day - lo pubblicherà su tutti i suoi canali social. un filmato girato da Federico Brugia (fra i registi pubblicitari più quotati in Italia e all’estero, tanto che alcuni dei suoi spot fanno parte dell’archivio multimediale del museo Reina Sophia di Madrid) con le musiche di Philip Abussi, che arriva dopo l’approvazione all’unanimità, lo scorso 26 ottobre, della legge sulla parità retributiva.
Il segnale
«È sicuramente un segnale positivo – spiega l’imprenditrice agrigentina Anita Falcetta, classe 1982, fondatrice di Women Of Change Italia - ma a mio avviso non basta.
I numeri
Gli stipendi degli uomini sono in media superiori a quelli delle donne in tutte le categorie professionali, a tutti i livelli e fin dall’inizio della carriera: secondo il 28mo rapporto sulle retribuzioni (della società di consulenza ODM), un under 30 laureato, e da un anno nel mondo del lavoro, guadagnerebbe circa 29.780 euro all’anno, mentre una coetanea, nella stessa posizione, 28.051. In un anno, dice il rapporto, le operaie guadagnerebbero 2688 euro in meno degli operai, mentre una donna dirigente ne prenderebbe 3400 in meno di un “quadro” uomo. «Anche se il divario è diffuso ovunque, ci sono settori più critici, in cui la differenza è maggiore: le assicurazioni, le banche, la finanza, lavori tradizionalmente maschili».
A incidere sulla disparità di trattamento sono tanti fattori: gli stereotipi, ma anche «la maternità considerata un disvalore, con le lavoratrici madri che hanno stipendi più bassi rispetto a quelle senza figli» e la questione del welfare e dei servizi. Il sospetto è che «la più bassa occupazione femminile sia legata ancora oggi alla scelta se lavorare o occuparsi della famiglia». La ricaduta sulle lavoratrici, inoltre, non è solo economica, ma anche psicologica: «Sulla base di ciò che emerge dal confronto con le donne che fanno parte del nostro network, è evidente che il divario generi frustrazione, rabbia, insoddisfazione. Purtroppo anche rassegnazione. E alimenta la lotta, la competizione uomo – donna: una logica che non consideriamo vincente, perché improduttiva». Una situazione che la campagna di Women Of Change Italia punta a cambiare il più rapidamente possibile: «Bisogna sciogliere i nodi, accelerare il cambiamento. Non basta parlarne per modificare lo status quo. È giunto il momento di scuotere le coscienze, alimentare il dibattito, stimolare le reazioni. E chiamare all’azione. Tutti: uomini e donne insieme».
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Il Messaggero