L’impossibile metro B di Roma, capitale d’Italia. Otto ore fuori casa per lavoro, più un’ora di pausa pranzo, sono tante. Nove ore. Ma pazienza, tocca lavorà pe’...
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Questa però scappa qualora il lavoratore si affidi alla metropolitana per risparmiare un po’ di tempo, e invece salire su un treno la mattina presto o nel pomeriggio dopo la chiusura degli uffici, diventa impresa ardua, quasi impossibile. Alle volte bisogna aspettare anche mezz’ora per avere la possibilità di entrarvi giacché i treni arrivano stracolmi di passeggeri. Ma pazienza, ancora pazienza, se almeno si viaggiasse comodi.
E invece neppure se si prende il treno al capolinea e si riesce a sedersi, si viaggia tranquilli, perché tale è la ressa che la gente finisce per sovrastarti se non per caderti addosso. E sale il nervosismo, l’ansia, la preoccupazione, anche perché basterebbe un piccolo incidente, un po’ di fumo, un falso allarme per provocare una tragedia.
Si provi la mattina presto a partire dalla fermata metro di Rebibbia, oppure da Ponte Mammolo o dalle fermate successive. Si provi la sera a partire dalla fermata Piramide e da quelle successive verso Rebibbia. E perché succede tutto questo? Semplicemente perché, a differenza dei treni della metro A che passano alla distanza di due tre minuti, i treni della metro B, quando tutto fila liscio, passano alla distanza di otto dieci minuti. E perché questa differenza? Semplicemente perché il Comune di Roma non ha rispetto per cittadini, quelli di serie B, costretti a servirsi della metro B.
Francesca Ribeiro
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Il Messaggero