Orhan Pamuk, felice di ammirare Peppino Di Capri

Orhan Pamuk nel suo studio
MANTOVA (9 settembre) - Tutti pronti ad affrontare con Orhan Pamuk discorsi sui massimi sistemi, sabato sera al Festivaletteratura di Mantova, ma il premio Nobel turco ha preso le...

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MANTOVA (9 settembre) - Tutti pronti ad affrontare con Orhan Pamuk discorsi sui massimi sistemi, sabato sera al Festivaletteratura di Mantova, ma il premio Nobel turco ha preso le centinaia di suoi ammiratori in contropiede raccontando qualche debolezza di gioventù. Come la passione nutrita per Peppino Di Capri e la sua Roberta, perché «quando ero giovane andava molto in auge tra noi giovani tristi della borghesia turca. Quando stavo scrivendo Neve, Di Capri venne a Istanbul in concerto e io, essendo un suo grande fan, andai a vederlo: rimasi incantato dalla malinconia di Roberta, che mi sembrò perfetta per il mio libro». 40 giorni su un'isola. Pamuk ha naturalmente parlato anche dei suoi libri, ma con la nonchalance di un vero grande. «Sono uno scrittore normale - ha detto dopo la standing ovation che gli è stata tributata - tanto che ho passato gli ultimi quaranta giorni su un'isola, con la mia ex moglie e mia figlia, dove ho lavorato 10 ore al giorno al mio nuovo romanzo. Mi sento fortunato ad avere ricevuto il Nobel così presto perché ci sono ancora tanti libri che voglio scrivere, sono solo a metà della mia carriera!». Felicità. «Scrivo per essere felice, è il mio spirito che lo chiede. Per me la letteratura è una medicina: c'è chi ha bisogno di pillole o altri artifizi, a me basta restare da solo con i libri qualche ora al giorno. Anche nei suoi romanzi mi occupo di felicità, perché la letteratura ne ha sempre dato il valore per scontato, ma in fondo, la felicità può essere l'obiettivo di una vita? È per esplorare questi temi che scrivo». Tant'è che il romanzo appena terminato, 5 anni di lavoro in 500 pagine, 100 l'anno, la protagonista è la gioia: «È la storia di un uomo ricco che si innamora follemente di una giovane povera. Inizia e finisce parlando di felicità».
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Il Messaggero