ROMA - Esattamente mezzo secolo dopo, stessa ora e stesso luogo, papa Benedetto XVI celebra i solenni Vespri di Ognissanti in latino, pochi ammessi, con cui il predecessore Giulio...
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«Ma la Volta cambia tutto: dipinte trent’anni prima, queste opere sembrano ormai più vecchie di un secolo. Un’era precedente». E’ una data da celebrare: Sky dedica a Buonarroti l’inaugurazione del suo nuovo canale tv dedicato all’arte; ieri la Rai ha mostrato due antichi filmati di Nino Criscenti, e nella Biblioteca della Camera (via del Seminario 76), il presidente Gianfranco Fini ha inaugurato una piccola ma preziosa mostra sui disegni preparatori che Michelangelo esegue per la Cappella: si può vedere l’attimo in cui sboccia il genio, e quasi rivivere il momento magico della sua prodigiosa creazione artistica.
La mostra, che resterà aperta gratuitamente fino al 7 dicembre (Michelangelo e la Cappella Sistina nei disegni autografi della Casa Buonarroti; orario dalle 10 alle 20, ultimo ingresso alle 19; il sabato fino alle 13; chiuso oggi, 1° novembre, e le domeniche; info su www.camera.it) si basa su un’idea di Pina Ragionieri, che dirige Casa Buonarroti di Firenze, dalla cui collezione provengono i disegni, ed è stata realizzata dall’associazione culturale Metamorfosi. E’ quanto mai intrigante, perché, accanto ad ogni disegno, indica il dettaglio dell’opera michelangiolesca a cui si riferisce.
Ecco come Buonarroti ha partorito il braccio di Adamo cacciato dal Paradiso; o le cornici e alcuni dei Nudi della sua Volta immane; o il Profeta Daniele, con pochi tratti a carboncino ed alcuni pentimenti: ripensamenti, o correzioni. Usa il disegno del braccio di Adamo anche in un’altra scena, l’Ubriachezza di Noé.
Pina Ragionieri ha giustamente anteposto alla sfilata dei disegni (fragili; da mostrare raramente perché non diventino evanescenti; quasi al buio, come nella Biblioteca della Camera) un’incisione della Volta prima di Michelangelo: con il soffitto fatto di un cielo semplicemente stellato.
E conclude con una rarità ancor più pregiata: uno dei primi studi per il Giudizio, in cui Buonarroti immaginava ancora di salvare l’Assunzione della Vergine del Perugino, da cui la cappella prendeva il nome: ci sono già dei suoi corpi avviluppati, ma resta ancora la cornice del dipinto di chi fu tra i suoi giudici per la collocazione del David, da giovanissimo, a Firenze. Non lo farà: nella parete di fondo della cappella, per il suo Giudizio, sacrificherà anche due lunette che egli stesso aveva dipinto vent’anni prima, e le prime due storie quattrocentesche di Gesù e Maria.
Cristina Acidini, che è soprintendente a Firenze, dice: «Disegna e studia soprattutto il corpo, il bacino: perché dà il movimento alla figura e alla postura. E’ un anatomopatologo: pensa i corpi per sezioni; la testa lo interessa di meno: è sempre l’ultima alla quale provvede».
E Antonio Paolucci aggiunge: «Raffaello, che lavora nello stesso tempo pochi metri più in là, alle Stanze, significa ordine, calma, bellezza; Michelangelo è davvero il tormento e l’estasi: certamente più drammatico. Per questo, oggi, il pubblico s’identifica con lui; nei musei Vaticani vedo che la gente ne fa un idolo assoluto: come è per Caravaggio».
Vasari racconta che, mezzo secolo esatto fa, chi ammira per la prima volta il soffitto michelangiolesco resta incredulo e muto: un miracolo dell’arte e del mondo, «oltre trecento figure dipinte, mille metri quadrati di colore» (Paolucci). Ed è straordinaria la differenza dei blu con il Giudizio: i colori della Volta li paga Michelangelo, e c’è l’azzurrite; quelli del Giudizio sono a carico del Papa: è il più caro e intenso lapislazzulo.
Dice Fini: «Perché la mostra? Perché l’articolo 9 della Costituzione afferma che la Repubblica promuove e tutela i Beni culturali: oggi dovevamo rendere solenne un’occasione che resta indimenticabile». E Pietro Folena, presidente di Metamorfosi, ricorda che «tra tanti Papi, e nella Sistina, Michelangelo resta sempre fervente repubblicano».
Sono esposte anche deliziose incisioni; un gruppo di Giorgio Ghisi è composto da dieci di loro (le matrici sono a Roma, all’Istituto per la Grafica) che, rimontate, creano un bel totale del Giudizio; c’è anche una Volta, due secoli fa trasformata nel ripiano di un tavolino per il the: era già arrivata la stagione del «kitsch». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero