Civitavecchia, più di tremila piccole e medie imprese paralizzate

L'artigiano Alessio Gismondi, responsabile della Cna di Civitavecchia
Le misure di contenimento anti Covid-19 stritolano il tessuto economico e produttivo. La conferma arriva dai numeri elaborati dagli uffici territoriali della Confederazione...

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Le misure di contenimento anti Covid-19 stritolano il tessuto economico e produttivo. La conferma arriva dai numeri elaborati dagli uffici territoriali della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa. Delle 5.322 attività iscritte nel registro delle imprese (3.509 a Civitavecchia, 1.183 a Santa Marinella, 254 ad Allumiere, 376 a Tolfa), quelle che hanno dovuto chiudere a causa del Dpcm del 22 marzo (poi modificato il 25 con i chiarimenti sui codici Ateco) sono ben 3.106, pari al 58% dell'intera platea di attività regolarmente presenti nel pubblico registro. Le attività consentite sono invece 2.216, meno della metà (42%). Numeri impietosi, che danno la misura di un tessuto produttivo praticamente decapitato, sul quale pesano i timori che il lockdown anti Coronavirus si protragga ancora e che le misure di sostegno di cui si parla nell'esecutivo (prestiti di 10mila euro a tasso zero e slittamento degli obblighi tributari come Imu e Tari) possano non essere sufficienti per lenire le già gravi ferite.

«Le piccole imprese sono quelle che soffrono di più spiega il presidente di Cna Civitavecchia, Alessio Gismondi Bisogna pagare le tasse e i fornitori. C'è un evidente problema di liquidità dovuto alla perdita di ricavi, sia delle imprese che hanno chiuso che di quelle aperte, che provano a muoversi in una congiuntura economica drammatica». Quanto al numero di addetti, spiccano a livello locale le attività che sono rimaste operative, ovvero agricoltura e allevamento, floricoltura, pesca, istallazione impianti elettrici, idraulici, riscaldamento e condizionamento dell'aria, officine meccaniche autoveicoli, supermercati e commercio al dettaglio prodotti alimentari, macellerie, tabaccai, distributori e depositi carburante, ferramente, edicole, farmacie, Ncc, trasporto merci su strada, gestione parcheggi, servizi connessi al trasporto marittimo, assicurazioni, ditte di pulizia, assistenza sociale non residenziale. Oltre agli impianti a ciclo produttivo continuo. Chiuse le attività relative a ristorazione, servizi alla persona, artigianato, fabbricazione porte e finestre, costruzioni, attività immobiliari, agenzie viaggio e tour operator, attività creative, artistiche e intrattenimento, attività sportive, estetisti e parrucchieri.

«Bisogna comunque considerare che sul numero delle attività consentite incide il settore agricolo e che anche molte delle imprese non sospese sono soggette a numerose limitazioni spiega Danila Corbucci, responsabile comunicazione Cna Viterbo e Civitavecchia -: gli impiantisti possono intervenire solo in casi di assoluta necessità e urgenza per riparazioni e manutenzioni ma non possono installare nuovi impianti. Le officine sono di fatto ferme. Le revisioni dei veicoli, tra l'altro, sono state prorogate. Tanto che c'è chi ha preferito chiudere. Inoltre, quasi tutte le imprese stanno facendo ricorso alla cassa integrazione. Per questo il numero degli addetti effettivamente al lavoro è sensibilmente inferiore a quello indicato». Quali le soluzioni? «Nei vari tavoli in cui sediamo prosegue Gismondi, che è anche vicepresidente Cna Viterbo e Civitavecchia, e nella presidenza nazionale di Cna produzione i punti sui quali insistiamo sono: credito agevolato alle imprese, ricorso ai fondi rotativi per il piccolo credito e meccanismi di ristoro per le perdite subite. La situazione è drammatica, servono misure di sostegno importanti».
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Il Messaggero