The Trump Look

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NEW YORK – Nel suo debutto come portavoce della Casa Bianca, lo scorso 21 gennaio, Sean Spicer ha ottenuto molte critiche per il suo stile brusco e aggressivo nei confronti...

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NEW YORK – Nel suo debutto come portavoce della Casa Bianca, lo scorso 21 gennaio, Sean Spicer ha ottenuto molte critiche per il suo stile brusco e aggressivo nei confronti dei giornalisti. Fra i suoi critici più ardenti, però, c’è stato il presidente stesso. E non per il contenuto dell’intervento di Spicer, ma per il suo aspetto, per la giacca troppo grande e la cravatta sbagliata.


Nelle due settimane trascorse da allora, Spicer ha cambiato atteggiamento e abbigliamento. Il primo è piaciuto ai giornalisti, il secondo al suo boss. Gli abiti impeccabili, che gli stanno a pennello, le cravatte annodate senza una piega, i capelli ravviati, hanno riscosso l’approvazione di Donald.

A quanto pare, dopo i suoi successi televisivi, il neopresidente conserva un interesse eccezionale per l’aspetto visivo di tutto ciò che lo circonda e che gli fa da sottofondo. Non solo controlla personalmente le luci ogni volta che deve apparire in tv, non solo sceglie le posizioni e i luoghi, ma chiede anche che chi lavora per lui abbia l’abbigliamento e il fisico adatto.

Il generale David Petraeus, uno dei più rispettati nel mondo militare e politico, non ha ottenuto posizioni nel Gabinetto presidenziale perché Donald lo ha trovato “troppo basso”. Invece a capo del Pentagono è andato James Mattis, un generale che al presidente ricordava John Wayne.

Se per vari giorni si era creduto che l’ex governatore del Massachusetts ed ex candidato presidenziale Mitt Romney stesse per essere nominato Segretario di Stato, si doveva almeno in parte al fatto che, secondo Donald Trump, l’elegante politico aveva il “phisique du role”.

Il Dipartimento di Stato è poi andato a Rex Tillerson, ex Ceo della Exxon, uomo non solo dalla vasta e profonda frequentazione internazionale (e molto amico dei russi) ma anche di aspetto autorevole e imponente, molto gradito al presidente.

Trump chiede esplicitamente che chi lavora per lui vesta e si comporti secondo regole ben precise: sebbene lui spesso indossi abiti che gli stanno larghi, e talvolta con le maniche e le cravatte troppo lunghe, simili errori gli altri non li devono fare. Unica eccezione è Steven Bannon, il consigliere per la strategia, un Rasputin a cui è concesso di essere sempre disordinato e spettinato.  Ma per tutti gli altri, abiti a pennello, preferibilmente scuri.  Cravatte? Devono venire dalla collezione firmata Trump, o dalla Brooks Brothers o al massimo Armani.  Le signore invece «devono vestire da donne». Quest’ultima precisazione è trapelata su Axios, un nuovo sito giornalistico aperto da due calibri 90 quali Jim VandeHei e Mike Allen. I due hanno raccontato che durante la campagna elettorale le collaboratrici si sono sentite in dovere di indossare abiti e tacchi. La rivelazione ha subito scatenato ironia e proteste, e ha generato l’ashtag #dresslikeawoman in cui centinaia di donne hanno protestato contro Trump, comparendo vestite nei loro abiti di lavoro: chirurghe in sala operatoria, astronaute, soldatesse, motocicliste, giudici, poliziotte, vigili del fuoco, ecc. Una donna ha ironizzato «Mi vestirò da donna quando lei si comporterà da presidente».

Ma questi frammenti di pettegolezzi e curiosità sono molto utili per capire come Donald Trump sia oggi alla Casa Bianca mentre Hillary Clinton è dovuta tornare nella sua casa di Chappaqua.

L’intuito visivo di Trump, la capacità di capire cosa “faccia audience” sono innegabili: il suo programma “The Apprentice” è stato un fenomenale successo per anni. Quell’istinto da producer lo ha aiutato a creare un legame immediato con il suo pubblico, presto diventato la sua base elettorale. E gli ha assicurato ore e ore di copertura televisiva gratis. Una copertura a tappeto che nessun alto candidato poteva sognarsi di ricevere.

E mentre tutti facevamo ironia sul fatto che i comizi di Trump sembravano degli sproloqui, in cui soggetto e verbo spesso non combaciavano, lui pensava solo all’impatto visivo che quelle masse osannanti avrebbero avuto sul pubblico a casa: «Non mi interessano i sondaggi – è stata la sua frase storica -. Mi interessa l’audience».

Aveva ragione.


Non è un caso che ci abbia già informati che quei “comizi” continueranno. Periodicamente, ora che è presidente, andrà a fare vista alla sua base. Le telecamere saranno puntate su di lui e sulla folla che lo applaude. Altre ore di pubblicità gratuita, già in vista del 2020.


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Il Messaggero