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Fred Vargas ama ripetere che i noir sono le favole per gli adulti di oggi e “Tempi glaciali” è sicuramente un libro di questo tipo. Il romanzo mescola, dall’inizio, due piste contrapposte, lontane nel tempo e nello spazio. Tutto comincia dal presunto suicidio di una professoressa di matematica, trovata morta nella vasca da bagno, sulla quale viene rinvenuto un misterioso simbolo, che sembra una ghigliottina. Ben presto, l’accaduto si rivela essere un omicidio, a cui ne seguiranno altri, in un crescendo di eventi che tiene con il fiato sospeso il lettore. Da una parte, i crimini risulteranno legati a una misteriosa gita in una remota isola dell’Islanda, occorsa una decina di anni prima, alla quale parteciparono molte vittime di questa misteriosa catena di suicidi apparenti. Un altro filo conduttore è una fantomatica associazione di fanatici della Rivoluzione francese, che organizzano rievocazioni storiche nel nome di Robespierre e del suo Terrore. Il tutto si svolge tra le pareti di una questura piena di personaggi caratteristici (dal donnone che soccorre colleghi maschi ben più deboli al coccolatissimo gatto del palazzo). Tra figli di vittime che scoprono la realtà dietro la morte dei loro congiunti, e un groviglio di eventi che appare sempre più confuso, Adamsberg non perde mai il filo invisibile delle connessioni, fino a rischiare il ridicolo partendo per l’Islanda, per capire come, e perché, due persone vi morirono tanti anni prima - proprio mentre la pista delle uccisioni sembra volerlo legare a Parigi, al club dei seguaci di Robespierre. Arriva nell’isolotto avvolto nelle nebbie, che una leggenda sinistra vuole sia abitato da uno spirito misterioso, l’afturganga, e dove si trova una misteriosa pietra calda e sacra. Uno spirito che, si dice, quando ti “convoca” è per dirti qualcosa. Alla fine, avrà ragione il commissario. E l’assassino avrà finalmente un volto.
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