Una Terra così vicina, si chiama Proxima b

Una Terra così vicina, si chiama Proxima b
Non erano corbellerie da spiaggia scritte per fare sensazionalismo. Le indiscrezioni apparse sui media qualche giorno fa circa...

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Non erano corbellerie da spiaggia scritte per fare sensazionalismo.

Le indiscrezioni apparse sui media qualche giorno fa circa (era stato Der Spiegel a dare la notizia) la probabile esistenza di un pianeta simile alla Terra nel Sistema di Proxima centauri, la stella più vicina a noi (solo 4,23 anni luce), sono state confermate oggi dall'Eso nel corso di un incontro con la stampa.
Il primo commento italiano è arrivato da Isabella Pagano, astronoma dell'Osservatorio di Catania dell'Inaf (Istituto nazionale di astrofisica).
 «E' il pianeta esterno al Sistema Solare più vicino a noi mai scoperto, è veramente una pietra miliare per l'umanità,. Si tratta di un evento davvero unico -ha continuato- perchè si è finalmente provato che la stella più vicina a noi ha un pianeta nella zona in cui potrebbe esistere acqua liquida e dove anche la temperatura potrebbe essere ideale per l'esistenza di forme di vita».

LE CARATTERISTICHE DEL PIANETA
Rumors e indiscrezioni erano da giorni in Rete, il primo a dare la notizia era stato Der Spiegel, qualche giorno fa e faceva riferimento allo studio, durato ben 16 anni, del telescopio dell'Osservatorio Europeo Meridionale (Eso) in Cile. Dalle prime notizie pare che Proxima b, ovvero il pianeta  scoperto, ha una massa simile a quella della Terra, di 1,5 volte maggiore: «Quello che sappiamo con certezza è che si tratta di un piccolo pianeta nella cosiddetta 'zona abitabilè, ossia la distanza 'giustà dalla stella per avere acqua allo stato liquido. Ma è anche vero -ha commentato ancora l'astronoma dell'Osservatorio di Catania-, che Proxima
Centauri è una stella attiva, con brillamenti solari carichi di energia. Per questo non siamo in grado di dire se effettivamente il pianeta è abitabile». La scoperta sarà pubblicata questa sera, mercoledì 24 agosto, sulla rivista  Nature a cura del gruppo di astronomi coordinato dalla Queen Mary University di Londra.

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