Dal Marsili ai Campi Flegrei: l'Italia è il paese dei terremoti ignorati e dei vulcani sconosciuti

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Gli eventi sismici di questi giorni ci hanno ricordato, caso mai ce ne...

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Gli eventi sismici di questi giorni ci hanno ricordato, caso mai ce ne fosse stato bisogno, che l’Italia è un Paese ad alto rischio sismico. E che molti dei pericoli che corriamo, seppure in qualche modo remoti, sono sconosciuti ai più. Dopo il nuovo terremoto in Italia centrale, il più forte negli ultimi decenni, in rete si parla molto di un altro evento sismico, che ha avuto come epicentro il vulcano Marsili, che sebbene sia sommerso è il più grande d’Europa.  L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia informa che il terremoto si è verificato non lontano dalle Eolie, il 28 ottobre alle ore 22, ed ha avuto una magnitudo 5,7. Come sempre accade da quando esiste Internet, il panico (immotivato) dilaga istantaneamente con un clic. Si è parlato del pericolo di tsunami nel Tirreno. Si è cercato di accomunare il sisma del Marsili con quello di Norcia, ma - come lo stesso Ingv sottolinea - i due fenomeni non hanno nulla in comune. Il terremoto nell’Italia centrale è stato molto poco profondo, mentre quello sottomarino si è verificato a circa 470 km di profondità. Un fenomeno non inusuale nel Tirreno dove, informano i geologi, il contatto tra placche oceaniche e continentali favorisce questi eventi tellurici. Bisogna temere, dopo il terremoto in Umbria e Marche, anche un prossimo evento catastrofico nel Mediterraneo? Secondo l’Ingv non esistono stime accurate della pericolosità del Marsili, poiché non esistono dati a sufficienza. Ma l’eruzione eventuale avverrebbe comunque a circa mezzo km di profondità e un possibile collasso repentino del cratere non è detto che produca maremoti. Se vogliamo parlare di pericolosità di un vulcano, c’è semmai il Vesuvio, così vicino a zone intensamente abitate, e che ha già distrutto, nei secoli scorsi, la città di Pompei. O i Campi Flegrei, un vero supervulcano, che avrebbe contribuito, secondo gli studiosi, alla estinzione dell’uomo di Neanderthal. Per fortuna, è costantemente monitorato, e si risveglia solo dopo diverse migliaia di anni.
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Il Messaggero