Ogni anno in autunno (e anche oltre) la cosiddetta "manovra di finanza pubblica" assorbe una parte consistente del dibattito politico-mediatico; qualcuno è...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Fino a poco tempo fa, la cosa era relativamente facile. C'era la cosiddetta "manovra netta", ovvero la correzione (in diminuzione) del disavanzo pubblico ottenuta con il ricorso a maggiori entrate (più tasse o altri introiti) e minori spese, che diventava "manovra lorda" aggiungendo gli "interventi", minori entrate (riduzioni di tasse) e maggiori spese disposte dal governo per raggiungere i propri obiettivi di politica economica. Così ad esempio se il governo riteneva di dover ridurre il disavanzo di 16 miliardi (tipicamente per rispettare i vincoli europei) e allo stesso tempo di voler spingere la crescita del Paese con altri 8 miliardi, si aveva una manovra lorda di 24 miliardi. Quindi i 16 miliardi indicavano il miglioramento del saldo di finanza pubblica, il 24 il complesso delle risorse finanziare da trovare per tutta l'operazione; perché naturalmente gli 8 miliardi di interventi vanno bilanciati (in termini più tecnici si può dire “coperti) con un importo analogo tra maggiori entrate e minori uscite.
A questi stessi numeri si arriva, con un piccolo sforzo mentale, immaginando una certa composizione della manovra stessa e sommando tutte le voci. Se i 16 miliardi di correzione vengono ottenuti, poniamo, con 10 miliardi di maggiori entrate e 6 di tagli di spesa e gli interventi per l'economia consistono in 3 miliardi di riduzioni di imposta e 5 di nuove spese, coperti con 1 miliardo di tasse aggiuntive e 7 di minori uscite, allora 10+6+1+7-3-5=16 che è la manovra netta. Le cifre con il meno davanti sono naturalmente quelle che comportano maggior deficit per lo Stato, se le omettiamo e non facciamo la sottrazione restano i 24 miliardi di manovra lorda.
Bene. Se è tutto chiaro, questi calcoli possiamo anche dimenticarli. O meglio, adattarli alla nuova realtà in cui l'obiettivo principale delle manovre non è ridurre il disavanzo pubblico, che al contrario viene incrementato per contribuire a finanziare gli interventi di politica economica. Si parla allora di “manovra in deficit”. Ad esempio quella approvata dal governo per il 2018 sarebbe di circa 9 miliardi nei termini “lordi” di cui parlavamo prima (che però ora sembrano non calzare più) perché questo è l'ammontare delle risorse che il governo ha messo insieme tra maggiori entrate e minori spese; mentre la manovra netta è negativa per quasi 11 miliardi: appunto il maggior disavanzo. La somma fa più o meno 20, e in un certo senso potremmo considerare questo il lordo, che però stavolta corrisponde al totale degli interventi per l'economia. Insomma, il mondo alla rovescia.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero