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Vince sempre lui. Immenso. Nel giorno del suo settimo titolo, il Re Nero si accovaccia a fianco del mitico Michael Schumacher che, sette anni fa, gli cedette la sua Mercedes per far aprire all’inglese la più gloriosa epopea della Formula 1. Mai nessuno ha vinto così tanto. Mai nessuno l’ha fatto con la stessa macchina, di fila. Senza riprendere fiato. Doveva essere un giorno speciale, Lewis l'ha trasformato in una pagina di una leggenda, dove un eroe combatte contro valorosi guerrieri che non hanno alcuna chance di metterlo in difficoltà. Da solo contro tutti. Gli assetti, la messa a punto. Le strategie. Infallibile. Non si era ancora visto nel film della velocità, un driver talmente superiore. Un pilota che sembra fare un altro lavoro. Ieri di fronte al suddito di Sua Maestà, si sono sciolti, sono spariti, anche i giovani fenomeni come Verstappen e Leclerc, sicuramente i più bravi della nuova generazioni.
Ad Istanbul un’abilissima regia sembrava aver organizzato un evento di un’altra dimensione, una via di mezzo fra una corsa di monoposto e un’acrobatica esibizione da rally.
Quasi un’arte di dipingere traiettorie impossibile con disarmante facilità. Super Max e il predestinato della Ferrari hanno fatto una gara gagliarda, fatta di manovre spettacolari, ma anche di inevitabili errori. Hamilton sembrava correre su un altro circuito, un tracciato dove la primavera arriva in anticipo. Mai una sbandata, mai una scodata. Neanche a parlare di un escursione sul prato. Ha iniziato abbottonato, immagazzinando nel suo casco spaziale miliardi di dati di quella inusuale situazione. Al momento di cambiare gomme, passando dalle full wet alle intermedie, ha rotto gli indugi ed ha inserito la modalità martello che solo lui ha nella Freccia Nera.
Ogni giro toglieva qualcosa dando proprio l’impressione di faticare. Ha preso il comando e non l'ha più mollato, arrivando al traguardo con un solo pit stop dopo aver clamorosamente doppiato il compagno Bottas che, con una monoposto come la sua, sembrava essere sul ghiaccio. In onore del Re Nero la sorte gli ha regalato un podio che lui avrebbe scelto. Da una parte Sergio Perez che probabilmente verrà appiedato dal Circus nonostante sia fra i più affidabili e consistenti. Dall’altra Sebastian Vettel, il suo rivale dei giorni migliori, l’amico-nemico che nell’ultimo decennio (2010-2020) si è preso insieme a lui dieci titoli mondiali (6 Lewis e 4 Seb). Il tedesco gli è andato incontro quando l’immenso era ancora in macchina e lo ha abbracciato più volte, a lungo. Proprio una bella scena. Sincera.
Che cancella vecchi attriti ed infiammate polemiche. Da quando Sebastian non vince più, Lewis lo ha sempre difeso: non si vincono per caso 4 campionati del mondo. Consecutivi. Sul podio le lacrime di emozione. Poi i ringraziamenti alla squadra e alle sua famiglia. Infine uno guardo sul futuro, a modo suo, non parlando di corse. «Il prossimo anno mi piacerebbe essere ancora qui. Ho voglia di portare avanti con la Mercedes programmi che aiuteranno a cambiare il mondo. A renderlo migliore. La lotta contro le ingiustizie e il razzismo da una parte. Dall’altra il percorso verso la mobilità sostenibile. Ci crede molto, mi piacerebbe diventare un testimonial». L’uomo d’acciaio dal cuore dolce. Più immenso di così.
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Il Messaggero