Aiutare le famiglie aiutando le donne (a lavorare)

Aiutare le famiglie aiutando le donne (a lavorare)
Come aumentare il numero delle donne che lavorano? L'interrogativo non è nuovo in particolare in Italia, Paese dove il tasso di occupazione femminile (e in particolare...

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Come aumentare il numero delle donne che lavorano? L'interrogativo non è nuovo in particolare in Italia, Paese dove il tasso di occupazione femminile (e in particolare delle donne sposate) resta ampiamente sotto la media del mondo sviluppato. E quando si affronta questo tema, di solito si parla anche di fisco e di sussidi alla famiglia, come strumenti che potrebbero favorire un miglioramento della situazione. Proprio questa materia è oggetto di revisione: è stata annunciata tra l'altro la presentazione di un testo unico, che dovrebbe riordinare la frammentatissima gamma di misure in vigore. Forse sarebbe il caso che chi se ne occupa riflettesse - possibilmente dati alla mano - sull'efficacia delle politiche adottate finora e sui possibili effetti delle scelte future. Tanto più che la cronica difficoltà di  inserire nel bilancio pubblico risorse aggiuntive impone, o dovrebbe imporre, di utilizzare in modo efficiente quelle disponibili.


Un contributo interessante arriva da uno studio della serie "Temi di discussione" della Banca d'Italia. Viene analizzato, in base a dati relativi al periodo 2004-2012, il comportamento lavorativo delle famiglie con l'obiettivo di simulare gli effetti di diversi strumenti di sostegno. Quelli teoricamente possibili, ma anche quelli effettivamente esistenti, possono essere di vario tipo: si va dalle detrazioni fiscali agli assegni al nucleo familiare erogati sulla base non del reddito personale ma di quello complessivo della famiglia. Molto sommariamente, la conclusione è che se tutte le forme di aiuto alle famiglie concorrono a ridurre il tasso di povertà, l'impatto sull'occupazione è invece differenziato.


L'effetto sarebbe negativo (per circa due punti percentuali) in caso di incremento del 25 per cento degli assegni, legati al reddito familiare e indifferenti alla situazione lavorativa della donna; sostanzialmente neutrale con il potenziamento delle detrazioni fiscali correlate al numero dei figli, che non incidono sui redditi bassi già esenti da Irpef (è il noto fenomeno dell'incapienza); positivi infine se fossero messi in campo crediti fiscali o riduzioni contributive per aumentare il valore netto in particolare dei redditi più bassi, cioè premiare direttamente la scelta di lavorare. Insomma aiutare le famiglie non sempre aiuta il lavoro femminile: motivo in più per valutare tutte queste politiche nel loro insieme, con grande attenzione.
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Il Messaggero