La tragedia di Paris Jackson e quelle vite bruciate dei figli delle star

La tragedia di Paris Jackson e quelle vite bruciate dei figli delle star
Quanto è difficile essere figli di una leggenda. Lo pensavo leggendo la notizia del tentato suicidio (pare non il primo) di Paris Jackson, la figlia quindicenne del re del pop....

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Quanto è difficile essere figli di una leggenda. Lo pensavo leggendo la notizia del tentato suicidio (pare non il primo) di Paris Jackson, la figlia quindicenne del re del pop. Sotto i riflettori da quando è nata, allevata dalla nonna con i due fratelli dopo la morte prematura del padre, la ragazzina non ha sopportato lo stress: per la causa miliardaria intentata dalla famiglia contro i promoter di Jackson? Per la scoperta che uno solo dei tre figli del cantante è biologicamente suo? Per quel male di vivere che tanto spesso colpisce i discendenti delle celebrità?Mi è tornata in mente un’altra figlia sventurata: Cheyenne, erede di Marlon Brando, morta suicida nel 1995 a soli venticinque anni dopo che il fratello aveva ucciso il fidanzato violento di lei. Ho poi pensato alla dolorosissima storia di Guillaume Depardieu, che con il famoso padre Gérard ebbe un rapporto conflittuale e morì a 37 anni dopo una vita scandita da incidenti, malattie, disgrazie (compresa l’amputazione di una gamba) e soprattutto da un’ipersensibilità fuori dal comune.Tra gli eredi delle star non si contano poi i depressi cronici e i morti di overdose come Scott Newman, figlio di Paul e Joanne Woodward. Il peso della celebrità, la pressione dei media, il confronto impossibile con genitori ingombranti e troppo spesso concentrati esclusivamente sul proprio mito rappresentano il calvario di tanti rampolli dello star system. Facile immaginarli felici nella loro gabbia dorata. Ma a volte (molte volte)  il privilegio e la ricchezza non bastano a compensare il senso di abbandono, l'inadeguatezza, l’incapacità di accettare la realtà che può spingere a gesti estremi. E per quelle vite bruciate sull’altare della celebrità dei padri, noi non possiamo che provare compassione.
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Il Messaggero