"La scomparsa di Stephanie Mailer", il grande ritorno di Joël Dicker al thriller

Cocktails and Broken Hearts, di Jack Vettriano
Il ritorno di Joël Dicker al thriller, cinque anni dopo La verità sul caso Harry Quebert, era molto atteso. Infischiandosene un po' delle mode (e del marketing),...

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Il ritorno di Joël Dicker al thriller, cinque anni dopo La verità sul caso Harry Quebert, era molto atteso. Infischiandosene un po' delle mode (e del marketing), questo enfant prodige della letteratura francese (nato in Svizzera nel 1985), aveva cambiato repentinamente genere, dopo il libro che lo aveva fatto diventare un caso da sei milioni di copie. Prima con un romanzo storico, Gli ultimi giorni dei nostri padri (sui sabotatori di Churchill che cambiarono il corso della guerra), poi con una saga familiare in declino, un po' alla Buddenbrook, Il libro dei Baltimore (che però riprendeva il filo del protagonista del suo fulminante esordio, Marcus Goldman).

La scomparsa di Stephanie Mailer, in libreria da giovedì 10 maggio per La nave di Teseo, segna invece il ritorno alle origini, al noir con altissimo tasso di suspense. La storia si svolge a Orphea, una città immaginaria degli Hamptons, alle porte di New York. Un detective, Jesse Rosenberg, sta per andare in pensione e festeggia con i colleghi il sospirato riposo. Tutti si congratulano per i casi da lui brillantemente risolti. Ma la giornalista Stephanie Mailer lo avvicina e gli dice, maligna, che gli elogi sono un po' esagerati. Almeno in un caso aveva sbagliato: il quadruplice omicidio avvenuto vent'anni prima, il giorno dell'inaugurazione del festival di teatro cittadino. Una passante che faceva jogging, il sindaco e i suoi familiari, erano stati brutalmente assassinati in pochi minuti; e la polizia aveva creduto poter chiudere il caso incriminando un ricco ristoratore, Ted Tennenbaum.

La giovane reporter sostiene invece che il vero responsabile di quella boucherie, di quella carneficina, sia un altro. E sta per arrivare a identificarlo quando scompare nel nulla. Jesse si rende conto di dover sospendere il pensionamento e tornare a indagare. Inizia così una mystery story ad alto tasso di adrenalina, in cui passato e presente si intrecciano, mentre il punto di vista del narratore cambia continuamente, incarnandosi ora in un personaggio ora in un altro. 

Dicker eccede soltanto nelle qualità che l'hanno reso famoso. La curiosità viene stimolata continuamente: si mostrano i tasselli mancanti (che vengono nascosti subito dopo), mentre le chiavi di lettura si moltiplicano. L'intreccio a orologeria incatena alle pagine. Il libro è densissimo, ma la lingua è secca, le digressioni servono soltanto a riempire alcuni tasselli del quadro (e sempre pochi alla volta). Spesso, il tono vira verso la commedia, la satira; uno dei personaggi più riusciti è forse il critico decaduto Meta Ostrovski, che un tempo era il giornalista «più temuto e più celebre» d'America, e che ora sogna di trovare la fama sul palcoscenico; o con un «banale» (si fa per dire) romanzo noir. 


Come in Amleto, in cui un dramma viene rappresentato per scoprire l'assassino, La notte nera è la pièce attorno a cui ruota la trama e che promette di svelare il colpevole; ma il copione rappresenta anche una vera e propria discesa agli inferi, che trascina tutta la città di Orphea in un incubo collettivo. L'ex capo della polizia di vent'anni prima, Kirk Harvey, sogna con il suo dramma di poter riscattare un'intera vita di frustrazioni. Ciò che trova ha un sapore sinistro, da fantasma del palcoscenico, e come il mitologico Orfeo (che ricalca il nome di questa località fittizia) non resiste alla tentazione di voltarsi indietro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero