Il quotidiano Le Figaro lancia l'eterno dibattito: è giusto elogiare gli scrittori di cassetta, come Marc Lévy, Michel Bussi, Guillaume Musso? Ma in fondo,...
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Il successo è meritato? «Il romanzo più mediocre ha sicuramente un valore superiore a quello della critica che lo giudica come tale», scrive l'autore adattando ai suoi fini il film Ratatouille. Come sempre nei thriller che diventano best-seller, ciò che conta è la struttura; l'autore attinge alla sua biografia, gli anni a New York e nel Sud della Francia in cui si è formato, con la mediazione della finzione romanzesca. Uno scrittore (anche lui di successo) torna dall'America nella natia Antibes per una reunion di vecchi compagni di scuola, accomunati dalla frequentazione di un liceo intitolato a Saint-Exupery. Ovviamente l'istituto nasconde segreti inconfessabili e l'ex «ragazzo diverso dagli altri», Piccolo Principe che fugge dalla realtà attraverso i libri, si trova invischiato in vecchie storie irrisolte, in un mistero degno di Twin Peaks: che fine ha fatto Vinca Rockwell, eterna incarnazione della femme fatale?
La prosa è semplice, nella tradizione del genere, anche se talvolta eccede in cliché (come «effetto madeleine»). Musso dosa sapientemente indizi e colpi di scena, alla maniera di Joël Dicker e Michel Bussi; il suo alter ego protagonista, Thomas Degalais, racconta un dramma familiare in prima persona, evocando la Costa Azzurra di Maupassant, Scott Fitzgerald, Picasso, Keith Jarrett. L'autore ha un approccio molto visivo alla narrativa, e quindi descrive accuratamente i personaggi, nella loro pellicolarità; ma non sempre gli riesce di varcare più a fondo gli abissi delle coscienze. Un esempio. L'amica Fanny, "ragazza con la Leica" viene descritta a perfezione: occhi chiari, capelli corti, scarpette eleganti, seni appena sporgenti, silhouette invidiabile; ma il suo vero ruolo nella vicenda, ciò che pensa e prova, si scopre soltanto dopo, e il dramma esplode un po' a sorpresa. L'effetto sembra però voluto. Perché, come scrive Musso citando García Márquez, «hanno tutti tre vite: una pubblica, una privata e un'altra segreta». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero