Draghi e la missione non detta: rendere all’Europa una Lega più potabile

Draghi e la missione non detta: rendere all’Europa una Lega più potabile
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ROMA Piano piano ci si fa una ragione anche delle vicende più spiacevoli. Figuriamoci se la presa d’atto che sta avvenendo a sinistra riguarda la Lega e l’intenzione di Matteo Salvini di restare nella maggioranza che sostiene l’esecutivo di Mario Draghi. 

Dopo giorni di polemiche e accuse rivolte allo scomodo alleato, anche la segretaria dem di Enrico Letta ha preso atto che allo stato attuale è impossibile mettere alla porta Salvini nel tentativo di realizzare quella maggioranza Ursula più volte tentate nella crisi dell’esecutivo Conte. 

Dell’attuale governo la Lega è stata uno dei principali artefici avendo impedito la transumanza a sinistra di quella pattuglia di ‘volenterosi’ a suo tempo cercati con tenacia da una parte del Pd e dal M5S per evitare l’arrivo di Draghi.

Al netto di Matteo Salvini, che nella strambata della Lega sta attento a non bruciare la sua leadership, l’evoluzione è decisiva. Rendere potabile in Europa e sui mercati il primo partito italiano è una missione che Mario Draghi non ha mai fatto propria, ma che non per questo è meno rilevante.

Per sfrondare la Lega dalla sovrastruttura xenofoba, nazionalista, euroscettica e quindi antitedesca, occorre tempo e non bastano dichiarazioni. Soprattutto occorrono nuovi alleati in Europa diversi da Orban e AfD. Magari arrivando a costituire nel Ppe una nuova frangia di destra, ma saldamente europeista e vicino alla Cdu-Csu.

Il sostegno ai referendum sulla giustizia dei Radicali di Maurizio Turco rientrano nel quadro di un’evoluzione del Carroccio che nel primo governo di Giuseppe Conte ha sostenuto il giustizialismo grillino votando anche la cancellazione della prescrizione.

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Il Messaggero